Anni 80

Ibsen - La crisi del 1981-  L'insegnamento alla Civica Scuola Piccolo Teatro - Il Progetto Eracle  e l'ATER - Regista su piazza, Pirandello su commissione -  Il ritorno a Brescia e a Ibsen - Progetto Faust -  Il Premio del Consiglio d'Europa - Cechov Il Gabbiano


Nel 1980 Castri mette in scena, a distanza di alcuni mesi e a cavallo tra due stagioni, due testi di Ibsen. Dopo Pirandello, affronta il secondo vertice del triangolo del dramma borghese. Gli strumenti di analisi elaborati nel confronto con la scrittura pirandelliana sono ugualmente efficaci. Con Rosmersholm, trasformato in un monodramma a due, protagonisti Tino Schirinzi e Piera Degli Esposti, la radicalità del lavoro drammaturgico continua e si affianca alla sperimentazione nella costruzione dello spettacolo e nelle scelte spaziali. La scena, divisa in due stanze speculari, permette la fruizione ad una platea molto ridotta, ma Borsoni e il CTB lo sostengono e lo spettacolo è un successo. 

Castri vince il Premio Ubu alla regia 1980-1981 per Così è (se vi pare) e Rosmersholm. Segue Hedda Gabler, protagonista Valeria Moriconi. La chiave di lettura di Castri sottolinea l'impossibilità della tragedia per i personaggi ibseniani, eroi ed eroine mancate, con inediti, ma efficacissimi, risvolti comici. 

Una volontà di sperimentazione anima anche il progetto successivo, Caterina di Heilbronn di Kleist, gestito da Castri in una dimensione laboratoriale, di ricerca condivisa con la compagnia che viene però a scontrarsi con le esigenze produttive. Il percorso è accidentato, questa linea di poetica, che muove da suggestioni irrazionali, che indaga il sogno e le sue associazioni, non trova sintesi nei tempi previsti, generando una crisi nella compagnia. Lo spettacolo debutta a Brescia incompleto e questa débacle segna un'interruzione nei rapporti tra Castri e il CTB. Si è spinto troppo oltre. Ai premi Ubu dell'anno successivo Castri riceve una segnalazione speciale proprio per l'elaborazione drammaturgica della Caterina, che ci racconta di un potenziale estremamente affascinante che resterà inespresso. I tentativi di Castri di portare a compimento il progetto proponendolo ad altre realtà produttive non avranno successo.

Ugo Volli intervista Massimo Castri in "La Repubblica" 3 ottobre 1980

Castri si trova ad agire da solo, senza programmi, senza un teatro di riferimento. Nella stagione '81-82 non mette in scena nessuna nuova regia; si occupa delle riprese, del lavoro editoriale sui taccuini ibseniani con Ettore Capriolo - collaboratore preziosissimo di larga parte del percorso di Castri - e accetta la sua proposta di insegnamento alla Civica Scuola di Arte Drammatica del Piccolo Teatro (oggi Paolo Grassi). Nella ricerca di altri sbocchi e interlocutori elabora un progetto, molto corposo, a partire dagli interessi legati alla tragedia greca e dagli spunti nati nel periodo dell'Edipo.

Orbita attorno a Milano e a Milano si apre una possibilità lavorativa concreta: mette in scena un altro Pirandello, La ragione degli altri, per il teatro dei Filodrammatici con l'ausilio di Nanni Garella, suo assistente e collaboratore già a Brescia. Castri lavora ancora di scavo sul testo, estraendone un nucleo che esclude gli elementi sociali di contesto e si concentra sulle dinamiche familiari. E' un altro Pirandello riscoperto, o meglio "rivelato". 

Il progetto sulla tragedia trova un interlocutore in Egisto Marcucci all'ATER e nell'estate del 1983 debutta a Spoleto Trachinie, prima tappa di un progetto triennale attorno al mito di Eracle. Lo spettacolo sarà contestato al debutto anche a causa di carenze tecniche che rendono poco udibile il testo ma, ripreso e portato in tournée, vincerà l'Ubu l'anno successivo. Il progetto triennale non avrà seguito. Le condizioni chieste da Castri (tempi lunghi, una compagnia semi-stabile dedicata al progetto per più stagioni) mal si conciliano con le esigenze del mercato. La progettazione si trova bruscamente ad un nuovo punto d'arresto. 

Nella stagione 1983-1984 non ci sono nuove produzioni: solo riprese, insegnamento alla Scuola Civica e in seminari all'Università. ILa versione francese de La vita che ti diedi, allestita a Lione, non ottiene delle buone critiche. Castri esce dal circuito dei teatri pubblici e torna ancora a Pirandello mettendo in scena Il piacere dell'onestà con la compagnia Gassman-Pagliai. Dalla lettura emerge ancora un Pirandello inedito, virato questa volta verso il melodramma, e vissuto come una provocazione inaccettabile dagli eredi che mettono un veto sul regista. La strada Pirandello è nuovamente bloccata. Si è però nel frattempo ricucito il rapporto con Brescia dove Castri torna con il suo terzo Ibsen: Il piccolo Eyolf. L'approccio al testo cambia, non ci sono interventi drastici, l'approccio si concentra sull'interiorità dei personaggi e traduce la loro dimensione di nevrosi e fallimento in una dinamica metateatrale che scenograficamente, porta verso il teatro vuoto, verso una parola che non significa più, verso il Novecento di Beckett.  

Con Brescia Castri torna a progettare sul medio-lungo periodo, è in una posizione più laterale rispetto alle dinamiche di politica e progettazione del teatro, ma ritrova per un po' una sua collocazione di artista. Si apre un capitolo Goethe, centro tematico della programmazione del teatro e di un progetto pluriennale. Castri "aggredisce" a fondo l'autore e si concentra sull'Ur-Faust come tappa preparatoria al Faust della maturità. Lo spettacolo, realizzato con mezzi imponenti, debutta alla Biennale di Venezia nell'autunno del 1985 mentre Castri riceve, premiato assieme a Jürgen Gosch, il Primo Premio Europeo del teatro. Il Faust non troverà sviluppo, il progetto viene rimandato e sostituito dal Gabbiano, il primo incontro di Castri con Čechov. 

Il lavoro d'insegnamento porta Castri ad approfondire il discorso sul personaggio, cercando di applicare alla pratica didattica la lezione di Stanislavskij e le intuizioni e le esperienze derivate dalla sua formazione d'attore e dalla sua concezione registica. Dopo alcuni anni di docenza al corso registi, dove incontra tra gli altri Cristina Pezzoli, che diventerà la sua collaboratrice più stretta negli anni successivi, nel 1986 prepara il saggio del terzo anno: Girotondo di Schnitzler. Presentato come un esperimento all'incrocio tra i due linguaggi, teatrale e televisivo, è l'occasione per gli allievi per un affondo sul personaggio e la recitazione realistica. 

Dall'esperienza Castri deriva nuovi stimoli ma anche un'insoddisfazione nei confronti del sistema delle scuole di teatro in Italia: troppo brevi, senza un vero metodo, si fermano alla "grammatica" degli strumenti espressivi, non c'è spazio per approfondire i temi legati al personaggio, all'immaginario, al sottotesto, a capire come si diventa attori consapevoli, come si guadagnano spazi di libertà.

Il Gabbiano, con Anna Maria Guarnieri (Arkadina) e Massimo Popolizio (Trigorin) vince il premio Ubu 1986-1987 come miglior spettacolo. Lo spettacolo, produzione CTB, è però allestito a Prato per ragioni di spazi. La collaborazione con il CTB continua, anche se il Progetto Faust è ancora rimandato, lasciando spazio a un altro Ibsen, John Gabriel Borkman, protagonista Schirinzi, e  a una più occasionake Fedra di D'Annunzio, protagonista Maddalena Crippa. A Brescia c'è un cambio nell'amministrazione che si ripercuote sulle sorti del teatro, il Borkman non viene ripreso e Castri apre altri percorsi: nella stagione successiva, Schirinzi e Crippa sono i protagonisti de Il berretto a sonagli, ancora un Pirandello, che Castri realizza per l'ATER-Emilia Romagna Teatro diretto da Giuseppe Di Leva.

Ancora per il CTB, nella stessa stagione 1988-1989, Castri ritorna a Kleist con La famiglia Schroffenstein (protagonisti, tra gli altri, Eros Pagni, Massimo Popolizio, Laura Montaruli) che con Il berretto a sonagli gli porta un altro Ubu alla regia. 

Nel 1989 Massimo Castri riceve anche il premio Una vita per Pirandello per la prosa dal Piccolo Teatro Pirandelliano di Agrigento. Con ATER Castri sembra trovare un nuovo spazio di lavoro, l'ente però vive un momento di difficoltà economica, Castri lavora su progetti più contenuti, meno attori o attori giovani, da poter portare in tournée. E' sulla fine del decennio che, cogliendo la proposta di Paolo Pierazzini, del centro teatrale toscano Atelier della Costa Ovest, Castri cerca nuovi spazi di sperimentazione per la pedagogia, dando vita con Ettore Capriolo al Progetto Euripide, un'inedita scuola di specializzazione per giovani attori diplomati, ospitata nei piccoli centri della costa toscana che si dedica all'esplorazione dei testi del tragico greco che appartengono idealmente ad una "trilogia (o quadrilogia) dei figli degli eroi".

Un'ultima domanda. La Loggetta le ha permesso di avere a disposizione una "troupe" fissa.  Ne ha approfittato per tirare su una generazione di attori?

"Ho affrontato tre tipi di interpreti. Anzitutto c'è l'incontro fondamentale con una grande attrice come Valeria Moriconi. Ha messo a mia disposizione un materiale professionale grandissimo. Poi quello con gli attori della mia generazione, che ho rincontrato “dall'altra parte della barricata": intendo Delia Bartolucci o Virginio Gazzolo. Ma alla fine c'è quel gruppo di attori giovani che ho tirato su con le prove a tavolino lunghissime, col lavoro duro in scena. Sono proprio loro che mi preoccupano: con questi tempi ristretti e con la mia voglia di un lavoro radicale, magari ho finito per sottoporli alla mia stessa tensione. Troppo dura”. 


Intervista a Massimo Castri di Maria Grazia Pallieri, Caro teatro, la vita che ti diedi…, in  "L’Unità", 21 maggio 1981.