Biografia

La formazione da autodidatta - L'importanza dell'approccio accademico - Il mondo del Nuovo Teatro - Brecht e l'impegno politico - La Comunità Teatrale dell'Emilia Romagna.


«Ho iniziato a Firenze col cabaret intorno al 1964. Eravamo un gruppo di amici e ci si divertiva a interpretare brani di Dario Fo e di Umberto Eco. Poi venne Franco Nebbia, ci vide e ci reclutò in massa. Lavorai con lui a Milano circa due anni e mezzo. La mia esperienza d’attore, durata sette o otto anni, proseguì girando e conoscendo nuove formule produttive. Il periodo più bello, tra il ’68 e il ’70, fu quello con la Cooperativa Emilia Romagna. Cobelli realizzò allora quelli che rimangono, secondo me, i suoi spettacoli migliori come Gli uccelli e il Woyzeck. Si discuteva animatamente con le organizzazioni del Pci e ci avevano soprannominato il Living della Bassa». 


Marco Palladini, Sulla scena sono anni di piombo, "Paese Sera", 8 novembre 1985 

«...in quegli anni lì, al culmine degli anni Sessanta e poi nel trapasso ai Settanta, il teatro contava qualcosa, perché aveva strette connessioni con lo scontro ideologico e il grande sommovimento di idee allora in corso, che gli dava molta sostanza, molta carne. Quando l'ideologia non è puro flatus vocis, ma il tentativo reale di interpretare il mondo e di rileggerlo, serve poi in qualche modo anche alla prassi. In quegli anni, il teatro contava qualcosa proprio perché era inserito fortemente in questo tentativo di rileggere il mondo, che era poi anche un tentativo di rileggere i grandi sistemi di lettura del mondo, quello marxista in primo luogo, per cercare di modificarlo. Quegli anni rimangono per me ricchi di grande energia vitale: si aveva l'impressione di stare dentro qualcosa di vivo, anche se molto difficile e complicato». 


Lia Lapini, Oggi il teatro è un museo e noi i suoi guardiani. Incontro con Massimo Castri, "Hystrio", n. 4 1998, pp. 20-21

L'approdo alla regia - Brescia La Compagnia della Loggetta - Nuovi tentativi di teatro politico: Liberovici, Jona e il teatro di radicamento - La riflessione su Brecht -  Scoperta di Pirandello e Ibsen - Dalla Loggetta al CTB - 1979 Così è (se vi pare)

«Purtroppo per disaccordi politici quella fase di attività affascinante e vitale si concluse, e io sentii il bisogno di fare una pausa, di tornare al momento teorico. Così, terminai gli studi universitari che avevo interrotto e pubblicai la mia tesi di laurea che si intitolava Per un teatro politico. Mi ponevo allora domande che possono sembrare oggi archeologiche, tenni con Pio Baldelli dei seminari all’università, presi a scrivere dei testi legati al cosiddetto teatro di radicamento, che partiva da bisogni e inchieste sociali svolte nella comunità e sul territorio. L’approdo alla regia fu per molti versi il naturale sbocco di questo lavoro di riflessione su molteplici piani, ma avvenne in modo casuale e non voluto. Mi costrinsero in pratica gli amici della Loggetta di Brescia, che avevo conosciuto nel ’71 quando interpretai Scontri generali di Giuliano Scabia. Un po’ lusingato, un po’ tirato per i capelli misi così in scena Costruttori d’imperi e, sulla scia, tradussi per Einaudi tutto il teatro di Boris Vian. Fece seguito un periodo di ricerca e di rigoroso artigianato teatrale: allestii un Brecht (Un uomo è un uomo), La tempesta di Shakespeare e uno spettacolo sull’anarchico Pietro Gori. Poi in coerente evoluzione col mio discorso sulla politicità del teatro intesa come impulso a esplorare le contraddizioni dell’uomo, pervenni ad affrontare o forse a aggredire le trame della quotidianità borghese».

Marco Palladini, Sulla scena sono anni di piombo, "Paese Sera", 8 novembre 1985 

Ibsen - Premio Ubu alla regia -  La crisi del 1981-  L'insegnamento alla Civica Scuola Piccolo Teatro - Il Progetto Eracle  e l'ATER - Regista su piazza, Pirandello su commissione -  Il Premio del Consiglio d'Europa - Progetto Faust - Il ritorno a Brescia e a Ibsen - Cechov Il Gabbiano

Il Premio del Consiglio d'Europa

«Forse il teatro è meno unitario di quanto non si credesse. Forse non è il luogo della riconciliazione dei diversi elementi che lo compongono, ma quello di un combattimento tra di essi. Non un’alchimia favolosa, ma un confronto duro, a volte corrosivo. E un tavolo di dissezione piuttosto che lo studio di un mago. L’illusione teatrale ha il piombo nelle ali. Ecco che s’annuncia una terza generazione di registi. Sono meno conquistatori dei loro predecessori della prima ora, meno ecumenici di quelli della seconda. Più che al prodotto, allo spettacolo, s’interessano al processo. E riscoprono l’identità, la materialità degli elementi con cui creano i loro spettacoli: i materiali concreti della scena, la sostanza del testo, le esistenze particolari degli attori… Un teatro povero – cioè che non rincara su se stesso – succede a un teatro ricco, gonfiato di sé. Un teatro minimale a un teatro pletorico. Certo, Massimo Castri si rifà sempre a una “utopia umanistica”: non dichiarava forse egli stesso, lo scorso marzo, di essere “uno degli ultimi umanisti in attività”? Ma la sua fede nella virtù di tutti “gli strumenti della conoscenza, dell’analisi e della critica di cui ci si può servire per quel che riguarda il testo”, non è né beata né tranquilla. È ostinata, volontaria. Castri non passa direttamente dal testo allo spettacolo. Cerca il loro denominatore comune, ed è in quello che chiama sotto-testo che lo trova. Un sotto-testo che egli costruisce lentamente, con precauzione. A volte con rabbia. L’ho visto lavorare sulla versione francese della Vita che ti diedi di Pirandello. Interroga ogni frase, ogni parola. Ne cambia a volte il posto, raggruppa, inventa o sopprime personaggi che, nel suo sistema, diventano attanti».


Bernard Dort, Terza generazione. Il Primo Premio Europeo del Teatro a Massimo Castri e Jürgen Gosch, in "Patalogo 9. Annuario del teatro", Ubulibri, Milano 1986, p. 243.

«Da quando ho lasciato Brescia l’organicità del lavoro si è persa, non l’organicità della scrittura scenica. Devo dire sinceramente che dal 1984 in poi i grandi progetti li ho tenuti nel cassetto e non li ho più tirati fuori. Una delle ultime regie che ho fatto all’interno di un discorso interrotto è stata La Famiglia Schroffenstein di Kleist. Dopo il discorso si fa occasionale, legato sempre alla poetica della scrittura scenica che continuo a sviluppare comunque. È un discorso alla ricerca dell’attore che non c’è, è un discorso sul realismo, ritagliato all’interno delle condizioni che si sono create dopo la perdita di una "casa" in cui poter agire secondo principi strategici. Ricerca di un attore e necessità di un ritorno al realismo che in Italia non sono più affrontati, secondo me, dai tempi di Visconti, dai tempi del primo Strehler. Per esempio le mie esperienze in tale direzione vanno da Amoretto di Schnitzler alla rilettura di Euripide, e così via. Oppure si adegua la propria strategia in rapporto a ciò che capita, modificandola. Goldoni, è, dunque, un’occasione: è inutile cercare di dire: "Goldoni l’ho voluto fare perché" Goldoni è capitato e, pertanto si cerca di farlo rientrare in una linea che riguarda il grande discorso realistico».

Intervista a Massimo Castri di Carmelo Alberti, Castri: i miei Rusteghi, in "Hystrio", n. 2/1992, p.13. 

Verso il realismo - Il Progetto Euripide - La scoperta di Goldoni - Direttore a Prato:  disegni per un teatro pubblico - La Trilogia della Villeggiatura - La sperimentazione spaziale al Fabbricone - La nomina a Torino

1991: Castri riceve il premio della Critica: «non solo per l'acume tenero e pensoso col quale ha scavato nel sottotesto di Amoretto di Arthur Schnitzler, recuperando con ironica lucidità un'opera con la quale si bollano i falsi valori di una società già presaga dell'ineluttabile tramonto; ma anche e soprattutto per l'impegno biennale portato a compimento con l'Atelier della Costa Ovest nel Progetto Euripide, nel quale si è cercato di realizzare una nuova metodologia operativa per un vero corso di formazione per attori centrato sulla costruzione del personaggio».


(Il Patalogo 15. Annuario 1992 dello spettacolo, Ubulibri, Milano 1992, p. 211). 

«Con la presentazione alla Pergola in un'unica sequenza, delle tre parti della Villeggiatura di Goldoni, si può finalmente parlare del debutto pubblico del nuovo Teatro regionale toscano: la sala è la più prestigiosa della Toscana, gli spettacoli sono stati prodotti dal Metastasio di Prato insieme al Teatro stabile dell'Umbria, perfino l'ambientazione voluta da Goldoni si svolge in Toscana. Tutto "torna" per questo importante appuntamento. 


È un gesto che rappresenta bene la fase che dovrebbe finalmente aprirsi: la presenza di un forte teatro pubblico in Toscana. Non so dire ora quali forme assumerà esattamente; so che il teatro pubblico di Prato intende rimettere in moto una situazione che era bloccata da molti e molti anni. Con la presenza di questo teatro pubblico, per quanto neonato ma già abbastanza attivo, anche quella situazione sembra dare segni di ripresa di vita. È un gesto che ritengo importante, rispetto alle antiche storie di campanile. La presentazione della Trilogia intera, fatta in sequenza e in tutta la sua visibilità critica, è importante anche per la Pergola e per Firenze, come segnale di un teatro pubblico che vuole muoversi in maniera più dinamica rispetto alle necessità del teatro in Italia»

Intervista a Massimo Castri di Gianfranco Capitta per la presentazione della Trilogia della Villeggiatura alla Pergola di Firenze, ottobre 1997, programma di sala.

Direttore a Torino - John Gabriel Borkman Premio Ubu 2002 - Di nuovo nomade - Percorsi verso il silenzio - La Biennale di Venezia 2004 - Nostoi, i ritorni: Pirandello, Ibsen, (Strindberg), Cechov, Pasolini - I Corsi di Alta Formazione con ERT - Finalmente Beckett: Finale di partita (Premio Ubu)


«Sono preso da un altro sogno: l'incubo affascinante di dirigere un teatro». 

Massimo Castri in Nuccio Messina, Massimo Castri sale, in "Primafila", n. dicembre 2000 p.81

La riapertura di due teatri nel corso di una stagione mi sembra un gesto grosso, molto visibile, con molte implicazioni. Uno di questi spazi è uno spazio storico recuperato. Che è stato riacquistato dal teatro pubblico e che vedremo come potrà essere utilizzato. Perché c'è ancora un contenzioso al riguardo. Io credo si possa fare molto, ancora, sul Gobetti: non soltanto disporre di un nuovo contenitore più duttile e più agile, ma molte cose che, spero, verranno chiarite. Poi c'è stata l'apertura di uno spazio nuovo, completamente nuovo. L'ex cinema Astra. Spazio fondamentale questo, perché non è possibile da parte di un teatro pubblico aprirsi a nuovi linguaggi, quindi anche nuove forme di comunicazione, nuove forme di rapporto con il pubblico e con il tessuto urbano, se non ha gli spazi che gli sono necessari. L’Astra è uno spazio diverso, non è uno spazio all'italiana, ma uno spazio anomalo. Il settore allestimenti dello Stabile lo ha rimesso in funzione, deve essere "finito" ovviamente. Ma è stato un gesto veramente importante, un gesto che è stato accolto benissimo da parte della città. Con una specie di allegria. Io, quando vado all'Astra, a rivedere la compagnia che sta proponendo Ifigenia, sento, per così dire, un odore diverso, avverte un clima diverso un clima che ricorda il teatro "vivo". 

da Sergio Ariotti, Conversazione con Massimo Castri dopo un anno di lavoro (24 aprile 2001), in "Il Patalogo 24. Annuario 2001 del teatro", Milano, Ubulibri 2001, pp. 286-288

Quando in Italia, a differenza degli altri paesi europei, il consiglio d'amministrazione ha il potere di determinare la linea estetica e critica di un teatro, si ha il dovere morale di piantare baracca e burattini.


Massimo Castri in Enrico Groppali, "I registi demiurghi hanno creato il vuoto", in "il Giornale, 1 dicembre 2004

Approfondimenti

BIBLIOGRAFIA

Massimo Castri e il suo teatro: settimana del teatro 30 marzo - 5 aprile 1992, a cura di Isabella Innamorati, Bulzoni, Roma 1993.

Gianfranco  Capitta, Massimo Castri: irrisione  e disvelamento, in AA.VV.,  Le stagioni del teatro. Il laboratorio bresciano dalla Loggetta  al Ctb, a cura di Gigi Cristoforetti,  Grafo, Brescia 1995, pp. 115-127

Roberto Alonge, Il teatro di Massimo Castri Parte 2, Bulzoni, Roma, 2003

Il teatro di regia alle soglie del terzo millennio : settimana del teatro 7-12 maggio 2000, a cura di Paolo Bosisio ; aggiornamento della teatrografia e scelta di recensioni degli spettacoli a cura di Luisella Carnelli, Bulzoni, Roma 2001, in particolare Roberto Alonge, Massimo Castri, ivi pp. 99-105 e gli interventi di Castri nel corso del dibattito

Isabella Innamorati, L'attore, il regista nell'esperienza teatrale di Massimo Castri, pp. 251-268 in, Attraversamenti: l'attore del Novecento e l'interazione fra le arti : atti del convegno internazionale (Università degli studi di Salerno, 12-13 dicembre 2005) / a cura di Silvana Sinisi, Isabella Innamorati e Marco Pistoia, Roma, Bulzoni, 2010 

Claudio Longhi, Fin de partie. Massimo Castri (21 gennaio 2013, settant'anni), in "Dionysus ex machina", IV (2013), pp. 343-387


Si rimanda anche alle trasmissioni curate per Radio 3 da Gianfranco Capitta: "Passioni" puntate del 25 e 27 novembre 2016

https://www.raiplaysound.it/playlist/massimocastrieilsuoteatrodigianfrancocapitta


Foto copertina ph_Marcello Norberth; Anni 60: ADMC;  ph_Alabiso ACTB; Anni 80: ATST; ph_Tommaso Le Pera; Anni 90: Caricatura di Massimo Castri di Riccardo Mannelli 1997 ADMC; Anni 2000: ph_Michele D'Ottavio