La ragione degli altri 1983

1982-1983

LA RAGIONE DEGLI ALTRI di Luigi Pirandello


Regia Massimo Castri

in collaborazione con Nanni Garella

Scene e costumi Maurizio Balò

Realizzazione luci Sandro Carminati


Interpreti: Nicoletta Languasco (Livia Arciani), Anna Goel (Elena), , Franco Sangermano (Guglielmo Groa), Raffaele Bondini (Leonardo Arciani)


Produzione: Compagnia Stabile del Teatro Filodrammatici 

Debutto: Milano, Teatro Filodrammatici, 27 gennaio 1983

Note:

Ripresa nella stagione 1983-1984

Debutto: Brescia, Teatro Santa Chiara, 4 maggio 1984.

Castri riallestisce lo spettacolo nella stagione 1996-1997 come produzione del Teatro Stabile dell'Umbria e nel 2000-2001 come coproduzione con il Teatro Stabile di Torino.

Dal programma di sala: intervista a Massimo Castri a cura di Ettore Capriolo

D. : Quali sono state le tue prime impressioni di fronte alla Ragione degli altri?

R.: La prima, forse, il riscontrare tutti i difetti propri di un drammaturgo in formazione: pesantezza di scrittura, parti ridondanti, ecc.; compresa la fatica di raggiungere la dimensione dei tre atti, conservando tuttavia una potenzialità di atto unico. Nello stesso tempo, però, mi è parso di riconoscervi una serie di temi, di figurazioni interne, che possono rinviare al Pirandello più maturo, quello delle grandi commedie "borghesi" che seguono questa a breve distanza di tempo. Di conseguenza, ho cercato di estrarre questi temi, obbedendo sia a considerazioni di carattere stilistico (il che comporta la quasi inevitabile eliminazione delle zone morte o inutili che ancora ingombrano questa sorta di opera prima) sia alla tentazione di inserire il testo in una griglia di riferimenti, che sono appunto le grandi commedie borghesi, (Pensaci Giacomino!Il piacere dell'onestà, Il gioco delle parti ecc.) imperniate sul tema della famiglia, perennemente rifondata, modificata e manipolata attraverso rapporti formalmente perfetti ma sostanzialmente deformanti. In rapporto a questa griglia, anche il gioco fondamentale della Ragione degli altri finisce per diventare quello delle geometrie della famiglia, della sua trasformazione e deformazione. 

D.: Come avviene questo nella commedia? 

R.: Beh, all'inizio abbiamo un'immagine di famiglia smembrata - un marito e una moglie che non hanno figli, il marito che ha però fatto un figlio (una figlia) con un'altra - le cui componenti, i cui ruoli non trovano una loro coesione. C'è però un personaggio, Livia, che, in consonanza con la strategia della scrittura pirandelliana, mette in atto una strategia di rifondazione, di sintesi di questi elementi scissi, per arrivare infine a una nuova immagine compatta della famiglia stessa - il padre, la madre e la figlia, anche se quest'ultima è nata da un'altra donna, necessariamente eliminata dalla scrittura, dal testo, quasi anche fisicamente, con l'intervento violento di questa strategia. È questo gioco sulla forma e sulla sostanza della famiglia che costituisce il testo interno e che il lavoro drammaturgico tende a estrapolare. 

[...]

D.: Scenicamente, In quale spazio si collocano questi colloqui-litigi?

R.: Certo non in uno spazio narrativo, se non altro perché si è eliminata la diversità degli ambienti, che nel testo originale sono tre, uno per atto. Il luogo diventa quindi un mero contenitore per questi colloqui familiari; astratto ma nello stesso tempo significativo. Si potrebbe definirlo in bilico tra un minimo di narratività - rappresenta, in apparenza, un salotto borghese, con una porta e una tavola come unici elementi connotanti - e il suo stravolgimento allucinato, leggermente onirico. Da un colloquio all'altro questa unica immagine, pur rimanendo sostanzialmente la stessa, subisce delle piccole modifiche: il tavolo si sposta, la porta passa da una parete all'altra. Parlerei di un unico fotogramma osservato ogni volta da un punto di vista appena diverso. L'immagine globale del testo e dello spettacolo - il litigare, il ragionare, il discutere di una famiglia intorno a sé stessa - dovrà emergere dal configurarsi, dal susseguirsi di queste fotogrammi. Il colloquio dovrebbe apparire sempre lo stesso, ma con le piccole modifiche determinate sia dal succedersi degli interlocutori, sia dalle diverse posizioni dei segni fondamentali della scenografia, la porta e la tavola.

Dalla rassegna stampa

Il lavoro di Castri su questo testo ha tutta l'aria di una risposta polemica e di metodo perché il lavoro di elaborazione drammaturgica che gli è caratteristico è condotto stavolta con un estremismo e insieme una limpidezza, un rigore e una precisione che gli danno un carattere quasi da studio, una purezza in cui sembra che nulla sia superfluo o aggiunto; quasi un disvelamento dell'essenza del testo, un nocciolo o grado zero in cui il dramma è perfetto, concentrato, completo". 

Ugo Volli, Se la vita di coppia non fa per voi, evviva il "triangolo"  (ma attenti alle mogli), "La Repubblica",1 febbraio 1983.

Corriere della Sera, 29 gennaio 1983 

Lo scenografo, Maurizio Balò, inventa una doppia saracinesca che sale/scende, dal basso e dall'alto, con una durezza metallica, a chiudere ogni singolo segmento, intervallando sistematicamente i sei segmenti dialogici, fra i quali viene peraltro volutamente a mancare ogni raccordo narrativo. E' la fredda lente di un obiettivo che si apre e si chiude, periodicamente a fissare sei momenti distinti.

R. Alonge, Tendenze della messinscena pirandelliana, in Idem, Dal testo alla scena. Studi sullo spettacolo teatrale, Tirrenia Stampatori, Torino 1984, p. 282.

BIBLIOGRAFIA

R. Alonge, Tendenze della messinscena pirandelliana, in Idem, Dal testo alla scena. Studi sullo spettacolo teatrale, Tirrenia Stampatori, Torino 1984, pp. 275-285.

Paolo Puppa, Dalle parti di Pirandello, Bulzoni, Roma 1987