Questa sera si recita 

                         a soggetto

2002-2003

QUESTA SERA SI RECITA A SOGGETTO di Luigi Pirandello


Regia  Massimo Castri

Scene e costumi Maurizio Balò

Musiche Arturo Annecchino 

Coreografie Daniela Schiavone 

Luci  Giancarlo Salvatori

Suono Franco Visioli


Interpreti: Valeria Moriconi (Attrice caratterista/signora Ignazia), Vittorio Franceschi (Hinkfuss), Manuela Mandracchia (Prima attrice / Mommina), Sergio Romano (Primo attore/Rico Verri), Alarico Salaroli (Vecchio attore brillante / Sampognetta), Laura Gambarin (Totina), Greta Zamparini (Dorina), Anna Della Rosa (Nenè), Emanuele Fortunati (Pomarici), Tommaso Minniti (Sarelli), Pierluigi Corallo (Nardi), Milutin Dapcevic (Pometti), Roberto Salemi (Mangini / avventore del cabaret), Victoria Di Pace (Chanteuse / Leonora), Roland Litrico (signore della platea/ avventore del cabaret), Giuseppe Provinzano (signore della platea / avventore del cabaret), Gabriele Zummo (signore della platea/ avventore del cabaret), Salvatore De Franchis (avventore del cabaret), Rosario Lisma (avventore del cabaret), Maurilio Scaduto (avventore del cabaret), Provvidenza Cumbo (ballerina del cabaret), Giuliano Brunazzi (San Giuseppe / Conte di Luna), Christian Poggioni (Manrico), Alessandra Perrone (Angelo), Giuseppina Belfiore (Madonna), Giulia Zimmardi, Filippo Adragna (Bambini)


Produzione: Teatro Biondo Stabile di Palermo e Teatro di Roma

Debutto:  Palermo, Teatro Biondo, 15 ottobre 2003 


Note: Maurizio Balò vince il Premio ETI-Gli Olimpici del teatro 2004 per la scenografia.

 Interviste a Massimo Castri

Appunti autografi di Massimo Castri sulla bozza dell'intervista con Roberto Alonge per il programma di sala

CASTRI Con i Sei personaggi Pirandello mette in scena direttamente i fantasmi dell'inconscio, velati opportunamente nelle trame della famiglia borghese. Il tema delle incesto si impone nei Sei personaggi, e richiama allo stesso motivo già adombrato nel Così è, scritto quattro anni prima.  Il metateatro dei Sei personaggi rimanda a una idea di "mondo", per usare la formula goldoniana che fonda la dialettica fra "mondo"  e “teatro". Invece il metateatro di Questa sera è un meccanismo totalmente autoreferenziale. Il teatro si mette in scena scopre tutti i suoi trucchi, rivelando però un vuoto totale di contenuto. Questo gran teatro non sa pianificare altro, oltre sé stesso. Ciò che ci dice, semmai, Questa sera è proprio il vuoto, la mancanza del testo, il fallimento del logos. Siamo all'inizio di un percorso che conduce verso una progressiva afasia del teatro vi ricordiamo anticipando I giganti della montagna


ALONGE [...] Dicevi che Questa sera ti appare come il segno di un teatro che si mette in mostra, scoprendo tutti i suoi trucchi. In che senso?

CASTRI Voglio dire che il testo dà l'immagine di un lessico della teatralità, una gastronomica esibizione di tutti i mezzi espressivi a disposizione del teatro, dal punto di vista tecnico, della scrittura e della recitazione. Si comincia con la presentazione degli attori, che è puro avanspettacolo. Poi la scena capitale nel salotto, un pezzo di bravura per i tempi comici della scrittura, giocata sul contrasto di ritmo e tema, fra il divertimento-baraccone dei giovani e il mal di denti della Generala. Quindi l'emozione intensa raggiunta sul filo dello straniamento dell’affabulazione di Sampognetta morente. E quindi la vestizione di Mommina, come rito femminile da terzo teatro; per passare al realismo psicologico della scena di Mommina con Verri; e al finale che vede il drammatico monologo di Mommina, con la totale immedesimazione dell'attrice nel personaggio. Il teatro segue un percorso doppio - di espansione di contrazione - usando nel corso dello spettacolo tutto lo spazio a disposizione: da Hinkfuss inizialmente solo sul palcoscenico, all'occupazione della platea, dei palchi,  del  foyer; per poi tornare all'illusione della quarta parete nella scena del salotto; sino a concludere con lo svuotamento progressivo della scena, in una direzione di essenzializzazione, che vede l'attrice sola sul palco vuoto. Queste potenziali linguistico è però fine a sé stesso. Manca cioè un senso, un contenuto che cementi con forza sufficiente questi frammenti legati e sparsi di teatro.

Intervista di Roberto Alonge a Massimo Castri dal Quaderno di sala

Valeria Moriconi ATBP

La disputa-riflessione sulla condizione del teatro, presupposto del lavoro di stasera all'Argentina, era meno "falsa" in origine?

Certo, coi decenni cambia la percezione. La struttura significante resta la stessa, e celebra un rito del silenzio attraverso un grande rumore. In realtà per questa commedia si verifica lo stesso logoramento di certe correnti figurative. Vedi il surrealismo, che la pubblicità ha fatto scadere a tradizione.


Pirandello in questo testo si contrapponeva più all'attore (pur gratificato col melodramma) o più alla figura del regista?

Sono sempre svisanti, i suoi conflitti. Qui gli interpreti e il demiurgo si combattono con regole truccate, ma il vero fuoco ossessivo è sul creatore della drammaturgia, sul vuoto del testo. Eppure quest'opera è un vero luna park del teatro pieno di pezzi di dixieland, di marce allegre che si usano al termine di un funerale. Potrei anche dire che ci sono più teatri che si confrontano, come nei Giganti della montagna, e potrei far sobbalzare qualcuno aggiungendo che c'è un nesso con Non si sa come dove chi non sopporta più il proprio inconscio si fa sparare in bocca. Ma è uno spettacolo anche divertente, la cui superficie si identifica con la profondità.

Rodolfo di Giammarco,  Teatro di conflitti come un luna park firmato Castri, in “La Repubblica”, Ed. Roma, 30 ottobre 2003

Dalla rassegna stampa

Nella disputa tra regista e attori, Castri all'apparenza non prende partito, per quanto limiti e attenui il ruolo di Hinkfuss, portato via da quattro sosia di Pirandello. E tuttavia neppure si può dire che apertamente egli si schieri per quel recupero della “quarta parete" suggerito dalla segregazione di Mommina - la figlia che per aiutare la famiglia sposa un uomo maniacalmente geloso, e se ne fa consumare l'esistenza - o privilegi questa chiave di lettura del “personaggio sequestrato", secondo le tagliente definizione che ne dà Giovanni Macchia: anche se la “vestizione" sacrificale di lei da parte della madre e delle sorelle resta uno dei momenti emotivamente più alti della serata. 

Con sorprendente spiazzamento Castri anzi neppure mostra la morte della donna, ma la sublima in quella di Leonora, l'eroina del Trovatore, che Mommina sta cantando per far comprendere ai figli le perdute suggestioni del passato, e il cui luttuoso finale le si para improvvisamente davanti in un’enfasi di finte lune e fondali dipinti. Fra le contrapposte posizioni, il regista non sceglie pertanto di mantenersi a mezza strada, ma apre un'ulteriore prospettiva, ipotizzando che il vuoto da lui colto nell'effervescente congegno rappresentativo corrisponda a un eclisse del teatro in sé, un declino del logos sovrastato dall'ombra del melodramma.


Renato Palazzi, Doppio spiazzamento pirandelliano, Il Sole 24 Ore, 19 ottobre 2003

Vittorio Franceschi ATBP

Foto dal backstage 

courtesy Roberto Salemi

Questa sera è la commedia (la tragedia) sgangherata che è. Ma Castri ha il merito assoluto di averne chiarito il senso. Altro che oscurità! Il miracolo critico, cioè poetico, è questo: nel testo, fino dalla novella che lo ha originato, Leonora, Addio!, il melodramma è un contenuto. Mommina, che andrà sposa ad un uomo ossessionato dalla gelosia fino a spingere la moglie alla morte, ha una passione per il melodramma, vorrebbe cantare, la vita glielo impedirà. Il miracolo di Castri è d'aver trasformato il contenuto in una struttura. È la posizione appunto critica che egli assume nei confronti di Pirandello. 

Perché lo spettacolo si chiude con la scena finale del Trovatore? E perché questa scena, facendo coincidere la morte di Mommina con quella di Leonora, occupa l'intero spazio mentre prima era un siparietto? È che prima Mommina si limitava a sognare. Ora il suo sogno è diventato realtà. Ciò che Castri ci dice è che l'eccesso di sogno, cioè di teatro, o l'abuso di vita, insomma il melodramma, condannano gli uomini.


Franco Cordelli, Castri e il melodramma per rileggere Pirandello, in "Corriere della Sera", 5 novembre 2003

Christian Poggioni, Victoria Di Pace, Giuliano Brunazzi ATBP

LA SCENA E I COSTUMI

Una soluzione di ambientazione scenografica e dei costumi basata su un principio di ricostruzione filologica; un preciso stile di immagini fatte di linee rigorose ed estremamente pulite, che restituiscono l'idea di un'epoca, mescolando, in una interpretazione di poesia naive, le piazze metafisiche di De Chirico, la semplicità di Morandi e il surrealismo di Magritte. Ispirati a Magritte sono anche i personaggi minori (il pubblico, gli avventori del Cabaret, il segretario, le comparse della processione) che indossano tutti lo stesso abito nero da sera, cappello a cilindro. Ma non solo sono vestiti tutti uguali; hanno anche tutti la stessa faccia. Hanno la faccia di Pirandello, sono come tanti sosia di Pirandello. Ho già detto all'inizio di questa conversazione che il testo è truccato: finge la morte dell'autore, e invece celebra l'onnipotenza dell'autore. In questo modo la presenza dell'autore (solo fintamente estromesso dal testo e dallo spettacolo) è rivelata ed è moltiplicata il più possibile. Pirandello è onnipresente, in sala e sulla scena. Il conflitto fra regista e autore è rappresentato fisicamente, in un gioco di specchi che restituisce in parte quello di autocitazioni pirandelliane che il testo indubbiamente contiene.

Dal Quaderno di sala dello spettacolo Massimo Castri intervistato da Roberto Alonge 

BOZZETTI DI SCENA di Maurizio Balò

BOZZETTI DEI COSTUMI di Maurizio Balò

Approfondimenti

BIBLIOGRAFIA

Thea Dellavalle, Pirandello revenant, in “Il Castello di Elsinore” n. 55, 2007, pp. 7-69.


Foto di copertina: courtesy Roberto Salemi. In primo piano Alarico Salaroli, poi, da sinistra, Emenuele Fortunati, Laura Gambarin, Milutin Dapčević, Greta Zamparini, Valeria Moriconi, Pierluigi Corallo, Anna Della Rosa, Manuela Mandracchia, Vittorio Franceschi.