Oreste

AMET

1995-1996

ORESTE di Euripide

Traduzione di Umberto Albini


Regia Massimo Castri

Scene e costumi Maurizio Balò

Musiche Arturo Annecchino

Luci Sergio Rossi e Roberto Innocenti

Suono Franco Visioli


Interpreti: Stefania Felicioli (Elettra), Michela Martini (Elena),  Marisa Della Pasqua, Paola Della Pasqua (Coro), Mauro Malinverno (Oreste), Alarico Salaroli (Menelao) Antonio Pierfederici (Tindaro), Thomas Trabacchi (Pilade), Cristina Spina (Ermione), Donatello Falchi (Frigio)


Produzione: Fondazione Teatro Metastasio di Prato

Debutto: Prato, Teatro Fabbricone, 2 novembre 1995


Note

Lo spettacolo viene presentato ad un pubblico di massimo cento spettatori a sera, nello spazio del Teatro Fabbricone dove la scenografia è realizzata in muratura.

Documentazione della costruzione della scena di Oreste AMET

Dal programma di sala

“Questo Oreste è il punto terminale di un discorso che poteva essere fatto solo con Euripide. Anche se in ordine temporale precede l'Oreste che si incontra in Tauride. Si torna però a parlare di rapporti fra padri e figli, di un viaggio verso un’autodeterminazione sempre più difficile ".

Parla di viaggio dei figli, di distacco dai padri, di una ricerca di se stessi difficile. Quali analogie esistono fra Euripide e l'attualità?

Si parla di Oreste, ma il suo è un viaggio contemporaneo: è il viaggio verso l'indipendenza dei figli. Giovani che non riescono a capire i padri, ma allo stesso tempo non sanno rompere creando alternative valide. Non condividono le scelte dei padri però ne pagano le conseguenze. Anche Oreste, come un nostro giovane mandato in guerra, non sa più perché ci è andato: viene travolto dagli eventi e dopo non ha i mezzi né le possibilità per inventarsi un mondo diverso. Tutt’all più diventa un ribelle, facilmente emarginabile. Ci trova forse qualche differenza con l’oggi?"

L’Oreste è conosciuto nell’ Ifigenia era però un ragazzotto un po' superficiale....

"In realtà l’Oreste di Ifigenia è il giovane che ha viaggiato, che è stato provato dalla vita, che è già a un passaggio successivo. In questo caso invece Euripide si ferma sull’Oreste adolescente, diciamo pure all'indomani del matricidio commesso per vendicare il padre Agamennone: la tragedia è già avvenuta. Siamo in pratica alle Eumenidi dell'Opera eschilea”.

Ci tolga un dubbio: perché rivolgersi a un autore antico per parlare dell’oggi?

"Intanto va detto che non ci sono testi contemporanei altrettanto ricchi e complessi. In Italia c'è un vuoto di drammaturgia. L'ultimo, del resto, è stato Pirandello. E comunque credo profondamente nella riattivazione continua del patrimonio".

Massimo Castri ripete che in Italia non c'è più spazio per sognare. Ma continua - per chi ha ancora voglia di pensare - a far parlare con linguaggio moderno Euripide; a rendere giustizia a un Goldoni che giudica riformatore della drammaturgia, e che è stato invece ridotto a una macchietta carnascialesca e si ostina a credere nella costruzione di una "casa-compagnia stabile" per gli attori.

Rossella Battista intervista a Massimo Castri, in “La Nazione” 16 settembre 1995

Antonio Pierfederici, Mauro Malinverno AMET

Castri su Oreste

Nell'Elettra Oreste compie il delitto come un robot, esegue un comando senza capirlo, Euripide lascia inspiegato questo aspetto. Egli nasce come personaggio - e questo è un aspetto affascinante secondo me - solo dopo aver compiuto il delitto, quando comincia a chiedersi perché lo ha compiuto e da questo momento il suo agire è mosso dalla necessità di trovare a posteriori un senso a ciò che è accaduto e a ciò che egli è.

È in definitiva, una figura che presenta le contraddizioni di un personaggio moderno?

È un Edipo che non accetta di essere Edipo, ossia un enigma inspiegabile. Le domande con cui assilla chiunque gli si faccia incontro rappresentano il fil rouge di questa vera "Orestea n. 2" (Elettra, Oreste, Ifigenia in Tauride) tutta percorsa dalla affannosa, quasi nevrotica ricerca di sé da parte di Oreste. Insomma è un personaggio straordinario, inventato proprio per raccontare il momento di crisi rapidissima e durissima che Euripide avvertiva intorno a sé: la disgregazione del sistema armonioso della polis, lo smarrimento dei valori religiosi e lo svanire del mondo mitopoietico celebrato da Eschilo. La vicenda del personaggio Oreste ci permette di accostarci al sentimento euripideo della crisi del degrado, o almeno così io mi immagino, ma la storia è fatta anche di immaginario. 

Eppure Oreste sembra un personaggio pieno di vita; Euripide non è Bekett… 

E Oreste non è Amleto. Non ha la disarmonia e le morbidezze dell’intellettuale. Opera con furbizia e astuzia, è pronto a tutto pur di salvarsi la vita. La voglia di vivere, di sottrarsi comunque un destino tragico e già presente nell'Oreste poi si evidenzia bene nell’Ifigenia in Tauride. È Insomma un personaggio centrale in questa ossessione euripidea della transizione ed è sicuramente un personaggio prototipo di figlio, in questo senso: sono i figli, i giovani, quelli che pagano con il loro destino personale il crollo del sistema di valore dei padri. Sono loro che, privati degli strumenti etici e conoscitivi, ormai inerti, dei padri devono comunque ingegnarsi per andare avanti, affidandosi soltanto alla loro voglia di vivere. La seconda parte dell’Oreste si spiega soltanto se si legge come un dramma realistico e se si guarda il personaggio in termini di coerenza psicologica e non tragica.

Isabella Innamorati, Euripide per Castri: intervista al regista, in "Drammaturgia", 3, 1996, pp. 23-24

Alarico Salaroli, Mauro Malinverno AMET

Lo spazio scenico

In questo Oreste il pubblico è compreso nello spazio dell'azione, pur senza esservi mai coinvolto, e l’allestimento può essere considerato una sorta di environment. Con un doppio risultato:  da una parte, pur senza essere mai coinvolti nell'azione, gli spettatori rischiano ad ogni istante di esserlo, e dall'altra, per essere collocati su un lato corto dello spazio, ne percepiscono la già notevole profondità come prospetticamente moltiplicata, talché, ad esempio, l'iniziale sofferente avanzare rettilineo dei due fratelli dal fondo verso il centro dello spazio assume il sapore quasi di un lungo viaggio, ma anche di una lenta discesa verso il primo piano cinematografico. Similmente risulta accentuata la varietà dei rapporti prossemici e della qualità e dell'intensità dei movimenti coreografici, mentre il rilievo dell'azione mimica varia, come è ovvio, in rapporto sia alla distanza sia alla situazione di luce. La quale, concentrata com’è nel quadrato creato dal lucernario situato al centro della soffitta, contribuisce da una parte a dettagliare uno spazio a prima vista unitario, ma in realtà ritmato dalla scansione dei pilastri, e dall'altra a segnare il passare del tempo reale, il "giro di sole” di cui parla Aristotele. Gli attori entrano ed escono da questa area illuminata senza che questo significhi una loro centralità nella situazione specifica: la luce non ha cioè una funzione enfatica, ma costituisce, se così si può dire con una terminologia economicistica, una variabile indipendente rispetto al peso attribuito ad un certo personaggio in uno specifico momento. Anzi spesso le battute più pregnanti e drammatiche sono dette in una penombra a volte anche profonda, dove in qualche caso l'autore arriva a scomparire. Invece la luce viene sapientemente utilizzata, con effetti spesso straordinari, per sottolineare in ridondanza o in contrappunto la tensione complessiva del momento specifico.

Cesare Molinari, I figli degli eroi? Nevrotici o depressi,  in "Drammaturgia", 3, 1996, pp. 29-30

Stefania Felicioli, Marisa Della Pasqua, Paola Della Pasqua AMET

Dalla rassegna stampa: FOTOCRONACA di Tommaso Le Pera, con commento di Ettore Capriolo in "Primafila" n.14, dicembre 1995

BOZZETTI DEI COSTUMI di Maurizio Balò 

APPROFONDIMENTI

BIBLIOGRAFIA

Isabella Innamorati, Euripide per Castri: intervista al regista, in "Drammaturgia", 3, 1996, pp. 19-28

Cesare Molinari, I figli degli eroi? Nevrotici o depressi,  in "Drammaturgia", 3, 1996, pp. 29-32 

C. Molinari, Il male oscuro: l’Oreste di Massimo Castri, in “Biblioteca teatrale”, BT 42, aprile-giugno 1997, pp.11-34

Foto copertina: Mauro Malinverno, Thomas Trabacchi ph_ Tommaso Le Pera AMET