Fedra

ACTB

1987-1988

FEDRA di Gabriele D’Annunzio

Riduzione Massimo Castri e Ettore Capriolo


Regia  Massimo Castri

Scene e costumi Maurizio Balò

Musiche a cura di Giovanna Busatta


Interpreti: Maddalena Crippa (Fedra), Graziano Giusti (Teseo), Valerio Andrei (Ippolito), Anna Goel (Etra), Alarico Salaroli (l’aedo), Carla Manzon (Gorgo, la nutrice), Paola Bruna, Simona Caramelli, Monica Conti, Patria De Libero, Cristina Liberati, Ermanna Mandelli, Alessandra Paloschi (Coro)


Produzione: Centro Teatrale Bresciano / Provincia di Brescia 

Debutto: Gardone, Teatro del Vittoriale, 6 luglio 1988


Note: 

Lo spettacolo è presentato all'interno delle Manifestazioni per il Cinquantesimo Anniversario della morte di D'Annunzio.

Intervista a Massimo Castri

Prove a Tavolino, Ettore Capriolo, Valerio Andrei, Massimo Castri, Maddalena Crippa, Carla Manzon ph_Brescia Photo ACTB

Ho scelto, in modo premeditato, il testo meno rappresentato e più sconosciuto di Gabriele D'Annunzio. Perché è presto detto. Per me il teatro di D'Annunzio andrebbe tutto gettato a mare. Fedra rappresenta il peggio del peggio, concentra in sé tutto il negativo (e positivo) possibile del Vate. Per questo l'ho scelta: affrontando l'opera più esemplare, nel bene e nel male, ho potuto rendere più rischiosa, e definitiva, la mia scommessa con un autore che detesto.


Massimo Castri intervistato da Pier Cardinali, Scandalosa Fedra in salsa décor, in "Il Resto del Carlino", 08 luglio 1988

"Un’icona trasgressiva di fine secolo" di Mariagabriella Cambiaghi

Una trasposizione scenica che incarna l’immaginario trasgressivo del personaggio trasformandolo in donna fatale, dominata da impulsi erotici e da una torbida passione letale, arriva sulle scene italiane nell’estate del 1988, grazie a una versione realizzata da Massimo Castri a partire dal testo di D’Annunzio. Sulla tragedia del Vate, l’unica in cui Fedra bacia il figliastro Ippolito addormentato per poi dichiarargli il suo amore, Castri, in collaborazione con Ettore Capriolo, compie una drastica operazione di riscrittura drammaturgica, riducendo il lungo e ampolloso testo di partenza, di tre atti in versi, in uno spettacolo di poco più di un’ora e mezza senza intervallo, in cui la vicenda narrata da D’Annunzio viene tagliata, destrutturata e rimontata dal punto di vista della protagonista, sempre in scena.

Maddalena Crippa ph_Buscarino ACTB

L’impianto scenografico di Maurizio Balò - concepito per lo spazio all’aperto del teatro del Vittoriale - prevede una zona circolare dominata da un unico letto, non collocabile in un’epoca precisa, circondato da sette porte enormi, fortemente inclinate, da cui entrano, come fantasmi, i personaggi della tragedia, eccetto la protagonista. Fedra, interpretata da Maddalena Crippa, rimane per gran parte dello spettacolo sul letto, da cui si solleva solo per compiere gli atti decisivi del bacio e della morte finale; per il resto, resta sdraiata, rievocando in lunghi monologhi, come quello introduttivo, le radici del proprio passato, dal suo essere figlia di Pasifae, moglie adultera di Minosse, al suo rapimento da Creta (e reclusa nella stiva della nave con gli altri oggetti della razzia) per mano di Teseo, presentato come un violento profittatore e uno stupratore di professione. Proprio Teseo, nel prologo, la colloca sul letto nuziale, dove Fedra inizia il suo delirio tra ossessioni e ricordi, umiliata da un matrimonio frutto di violenza e segnata dal marchio di infamia (stigmatizzato dall’appellativo “Cressa” o “la Cretese”) che grava su di lei attraverso il ricordo dell’amplesso della madre con il minotauro, e desiderosa di una rivincita che la porti a realizzare le sue aspirazioni erotiche, pur nella coscienza di una illecita attrazione. Risulta trasparente il riferimento al clima freudiano, che il regista trova prepotente nella tragedia dannunziana, di cui evidenzia con determinazione il sottotesto: Fedra è un personaggio dominato da fobie che non riesce a rimuovere, dilaniata dall’astio verso il marito e dal disgusto nei confronti della lussuria materna, che comunque percepisce come elemento presente in se stessa. I fantasmi della sua interiorità vengono messi in scena come incubi e apparizioni: nei tre atti si susseguono momenti di riflessione e di confronto con personaggi che, presentati come doppi distorti, fanno riaffiorare elementi del passato della protagonista: la Fedra di Castri non riesce a dominare la propria emotività, e la rovescia nei comportamenti, al contempo angosciati e aggressive, con le figure che appaiono di volta in volta dalle porte, per culminare nella sequenza centrale con Ippolito minacciato, inseguito e poi baciato con forza. 

Mariagabriella Cambiaghi, Fedra o del sovratesto: trasposizioni teatrali contemporanee di un mito classico, in “LANX” 30 (2022), Studi di amici e colleghi per Maria Teresa Grassi, pp. 159-160.

Maddalena Crippa ph_Buscarino ACTB

Valerio Andrei ph_Buscarino ACTB

Maddalena Crippa, Alarico Salaroli ph_Buscarino ACTB

Il Coro ph_Buscarino ACTB

Foto dalle prove ph_Buscarino ACTB

Foto dalle prove ph_Buscarino ACTB

BIBLIOGRAFIA

M. Cambiaghi, Fedra o del sovratesto: trasposizioni teatrali contemporanee di un mito classico, in “LANX” 30 (2022), Studi di amici e colleghi per Maria Teresa Grassi, pp. 154-166.