Il ritorno dalla villeggiatura

1996-1997

IL RITORNO DALLA VILLEGGIATURA di Carlo Goldoni


Regia Massimo Castri 

Scene e costumi Maurizio Balò

Musiche Arturo Annecchino

Luci Sergio Rossi

Suono Franco Visioli


Interpreti: Mario Valgoi (Filippo), Sonia Bergamasco (Giacinta), Luciano Roman (Leonardo), Stefania Felicioli (Vittoria), Fabrizio Gifuni (Guglielmo), Laura Panti (Costanza), Cristina Spina (Rosina), Pietro Faiella (Tognino), Enrico Ostermann (Fulgenzio), Mauro Malinverno (Ferdinando), Michela Martini (Brigida), Tullio Sorrentino (Cecco), Carlos Valles, Milutin Dapčević (servitori)


Produzione: Teatro Stabile dell’Umbria e Teatro Metastasio di Prato

Debutto: Prato, Teatro Metastasio, 27 novembre 1996.


Note:

Nel corso delle repliche Enrico Ostermann viene sostituito da Alarico Salaroli.

RIPRESA 1997-1998

Debutto: Firenze, Teatro La Pergola, 16 ottobre 1997


Castri vince il premio Ubu alla regia 1996-1997 per Il ritorno dalla villeggiatura e La ragione degli altri. 

Maurizio Balò vince l'Ubu per la scenografia.

Intervista a Massimo Castri di Sergio Ragni

Pietro Faiella, Laura Panti, Cristina Spina

 ph_ Tommaso Le Pera AMET

Il Ritorno dalla villeggiatura, infine, è anch'esso diverso; è un ritorno, se così possiamo dire con un gioco di parole, a un maggiore approfondimento del personaggio; l'attenzione si focalizza sul personaggio, tema dominante diventa il suo scavo e ispessimento, anticipando nettamente, secondo me, la grande scrittura realistica di fine ottocento e primi del novecento. L'articolazione della Trilogia è dunque molto complessa; da una parte infatti c'è una tendenza a superare in qualche modo I limiti del teatro: paradossalmente è come se i Goldoni andasse verso il romanzo, come se, faccio per dire, avesse voglia di diventare Thomas Mann. [...]

Sì, io sento che questa dimensione di grande racconto sociale, dentro il quale si muovono degli individui estremamente precisi, disegnati con grande realismo, tende in qualche modo alla narrativa, quasi superando i limiti del teatro.[...]

Quello che Dunque mi sembra necessario oggi per aggredire la Trilogia, è proprio il tentativo di cogliere queste due aspetti: il più generale, rappresentato dal grande patrimonio di realismo, o per meglio dire dalla sperimentazione di forme del realismo e nello stesso tempo cogliere  l’unicità dei tre testi, perché uno ognuno testimonia una sua natura molto specifica. 


Intervista a Massimo Castri a cura di Sergio Ragni, La Trilogia della villeggiatura, Quaderno di sala

... la tentazione è stata sempre, mi pare, quella di arrivare alla sintesi, dicendo: la trilogia è un grande monumento che solamente per caso, o per necessità, è stato strutturato da Goldoni in tre testi, ma in realtà si tratta di un unico grande testo da ricompattare e di cui trovare la sintesi.  Io preferisco pensare che le tre commedie sono esse stesse tre monumenti all'interno del monumento, con una loro ricchezza di proposta formale, strutturale, spaziale, immaginario, e anche di diversità di scrittura, che deve essere ritrovata, indicata, esaltata.

Intervista a Massimo Castri a cura di Sergio Ragni, La Trilogia della villeggiatura, Quaderno di sala 

Luciano Roman, Fabrizio Gifuni ph_ Tommaso Le Pera AMET

Dai taccuini di regia

DICEMBRE  94

Al centro c’è Giacinta con la sua stupidità sentimentale, con i suoi amori impossibili.

Una Giacinta un po’ svanita, quasi folle, tutta la sua astuzia di fronte all’amore non basta (è come imbruttita, involgarita)……certo folle come gli altri ma con un problema più grosso degli altri. 

Giacinta è come compressa in una specie di follia, molto seria ma comica ecco una pazzia comica, sino all’accettazione drammatica del matrimonio, che però non è dramma è paura e ottusità.

La linea di Giacinta rimane oscura (senza Lingua) afasica o comica. E sembra che tutto debba spiegarsi con le parole del monologo

 ‘’…che cosa mi ha trattenuto finora dal recedere da un impegno che non è indissolubile e preferire uno sposo si poco amato un oggetto amabile agli occhi miei. Non altro che il mio decoro e il giusto timore di essere criticata. Si ha da resistere ad ogni costo, Si ha da penare si ha da morire. Ma si ha da vincere e da trionfare.’’

Massimo Castri, Taccuini inediti 

Dalla rassegna stampa

Eccoli, raffreddati e scossi da violenti starnuti, avvolti in scialli e sciarpe dai toni bruniti e opachi, con sullo sfondo taglio obliqui di scale o prospettive di profonde gradinate dalle pareti grigie, incolori, disegnate da Maurizio Balò, senza arredi se non per quei bauli che continuano a essere disfatti. 

[...] tutto è portato alle estreme conseguenze, ma soltanto sino al punto in cui le ragioni interne dal testo le rendono ammissibili, con una più lenta scansione del tempo scenico che consente di trattenere le parole, di trovare in queste la corda più segreta di quelle imprecise umanità. Irosi e accigliati, turbati dai fremiti tellurici della nevrosi, con attacchi di risa isteriche, eccoli gli uomini e le donne di quella borghesia che Goldoni voleva mettere in berlina per la sua mania di gareggiare in fasto con i soggiorni campestri dell'aristocrazia, qui esposti non tanto nella definizione storica e sociale, quanto nella loro caratura umana, nelle incertezze e nelle fragilità di quei caratteri, incapaci di dominare sia la storia che le proprie vicende personali [...] Il finale che dovrebbe rappresentare il ritorno di questi borghesi al buon senso, con un lieto fine che rimette in ordine i dissesti economici e le relazioni fra le varie figure, qui appare come una cupa rinuncia al vivere e all’amare, un piegarsi non tanto alle convenzioni ma all'incapacità di dar forma ai propri desideri, con la chiusura di un funereo corteo nuziale. 

Da ricordare gli interpreti di questo allestimento, tutti in perfetta sintonia e tutti capaci di proseguire la sottile analisi suggerita da Castri con infinite sottolineature introspettive, dal distratto Filippo di Mario Valgoi alla Giacinta di Sonia Bergamasco, con Luciano Roman e Stefania Felicioli nei panni di Leonardo e Vittoria, il Guglielmo di Fabrizio Gifuni, l'energica Costanza di Laura Panti, due brillanti e impudenti Rosina e Tognino di Cristina Spina e Pietro Faiella, il Fulgenzio di Enrico Ostermann e il Ferdinando di Mauro Malinverno dai curiosi scatti meccanici, con il contorno dei servitori di Michela Martini, Tullio Sorrentino, Carlos Valles e Milutin Dapčević.

Antonio Audino,  Vacanze goldoniane,  in "Il Sole 24 ore", 1 dicembre 1996

Luciano Roman, Sonia Bergamasco ph_ Tommaso Le Pera AMET

il meglio della rappresentazione è da cogliere in una resa, stavolta, omogenea,  e di ragguardevole livello complessivo, dell'impegno degli attori. 


Aggeo Savioli, Dopo la vacanza, il freddo, in  “L’Unità”, 1 dicembre 1996

ph_Tommaso Le Pera AMET

Per giorni e giorni, Giacinta e Guglielmo avevano, ciascuno a modo proprio e capricciosamente, sperato di scombinare le strategie familiari ma ogni follia cede ora al ventaccio d'Autunno che risospinge l'egoismo, l'avarizia, i rancori. La regia li annida in bauli e casse capienti. I servi in livrea perennemente li trasportano in casa, su per amari gradini, mentre la delusione si diffonde come una rete, un vischio, un contagio. È colpa della villeggiatura, pensa ciascuno, ma nessuno accusa se stesso. Non è più possibile strappare un sorriso all'innamorata, né percepire uno slancio di sincerità nello sperato amante. sicché il doppio matrimonio finale sembra una marcia angosciosa verso Il martirio. Riesce bene a Castri estrarre il grigio e nero della prosa scattante, sulla strada maestra del realismo battuta da Luchino Visconti e Giorgio Strehler: la lettura storica che ha sottratto l'opera del drammaturgo dal bozzolo di moine e minuetti di un secolo e mezzo, uccidendo la chiaroveggenza "politica" nella Venezia della decadenza, prima del ciclone con cui si chiude il Settecento. Persino le sciocchezze di Tognino e i giochi amorosi dei servi sono abilmente impastati nella processione luttuosa che si snoda giù per le scale con interruzioni e volute.

Ubaldo Soddu, Le relazioni impossibili, in "diario della settimana",  11-17 dicembre 1996


Il ritorno dalla villeggiatura chiude così, con un “adagio" che stringe malinconicamente i personaggi nella penombra torva e determinista della loro insoddisfazione. Castri porta a compimento da parte sua un lungo lavoro critico surrealismo di Goldoni, compiuto insieme con la stessa compagnia di attori. [...]Stavolta precarietà, incertezza, passaggio da un vuoto a un vuoto materializzano in scena una teoria di scale. Sulle scale si litiga, si fugge, ci si sposa o ci si dichiara nascondendo le questioni di scudi con la falsa ideologia. Muri grigi, poca luce, movimenti musicali lentissimi. È la commedia più statica e cupa della Trilogia, quella dove Castri fatalmente si ripete in alcune notazioni che diventano vezzi, accompagnando, con una certa insistenza di fraseggio, le sue creature verso una soluzione obbligata. Manca il respiro volutamente: dopo l'incrocio tra le due coppie per i matrimoni a dispetto (Giacinta, Leonardo, Vittoria e Guglielmo), Ferdinando leggerà in solitudine, per la seconda volta, la lettera dell'anziana Sabina che è un concentrato dell'amore fatto di sofferenza, cinismo, interesse.

Sergio Colomba, Ritratto di borghesia in grigio: com’è amaro questo Goldoni, in "Il resto del carlino," 1 dicembre 1996

La scena di Maurizio Balò

Ciò che ho voluto realizzare non era tanto la monumentalità del gesto, quanto la forza del gesto unico, di immagine, di spazio, di spiazzamento, che va al posto di una manovra drammaturgica, che in questo caso si sintetizza in un gesto unitario, semplice, che deve essere in grado di sollevare tutto il testo su dimensioni diverse, come avviene nel finale, dove non ci sono le case, ma ci sono solo le scale: questi personaggi non hanno più casa, sono talmente nevrotizzati da essere liberi solo nei luoghi esterni delle case, in movimento continuo, come le formiche. 

Dichiarazione di Massimo Castri in: Massimo Castri, in Il teatro di regia alle soglie del terzo millennio : settimana del teatro 7-12 maggio 2000, a cura di Paolo Bosisio, Bulzoni, Roma 2001, p. 236

APPROFONDIMENTI : VIDEO 

BIBLIOGRAFIA

I taccuini di regia relativi alla Trilogia della villeggiatura sono stati parzialmente pubblicati in: Massimo Castri, Dai "Taccuini", in “Il castello di Elsinore", n. 32 1998, pp. 69-100

Siro Ferrone, Un esempio di teatro pubblico, in “Il Castello di Elsinore” n. 32, 1998, pp. 5-7

Federica  Mazzocchi,  "La  trilogia della villeggiatura"  di Massimo  Castri, in "Il castello di Elsinore",  40, 2001, pp. 107-138

Roberto Alonge, Le retour de la villégiature, 3., 2 dans le triangle Strehler-Missiroli-Castri, “Il Castello di Elsino­re”, n. 66, 2012, pp. 105-113

Roberto Alonge, Ricordo di Massimo Castri: Goldoni, l’inventore del ‘dramma borghese’ in "Studi Goldoniani", n. 3  2014, pp. 127-134

Stefania Felicioli, La ‘trilogia della villeggiatura’ di Massimo Castri: una testimonianza, in "Studi Goldoniani", n. 3  2014,  pp. 135-142

Roberto Alonge, La trilogia della villeggiatura di Massimo Castri: grandezza del regista e miseria dei critici, Sinestesieonline. A. 6, no. 20 (Giugno 2017) pp.1-6


Foto copertina: Luciano Roman, Milutin Dapčević, Sonia Bergamasco, Enrico Ostermann ph_ Tommaso Le Pera AMET