Spettri

2004-2005

SPETTRI di Henrik Ibsen

Traduzione di Anita Rho


Regia  Massimo Castri

Scene e costumi  Claudia Calvaresi

Musiche  Giancarlo Facchinetti

Luci  Gigi Saccomandi

Suono  Franco Visioli 


Interpreti: Ilaria Occhini (Helene Alving), Pierluigi Corallo (Osvald Alving), Luciano Virgilio (Pastore Manders), Alarico Salaroli (Engstrand, falegname), Irene Petris (Regine Engstrand)


Produzione Teatro Biondo Stabile di Palermo


Debutto: Palermo, Teatro Biondo, 17 novembre 2004 


Note:

Anche per l'interpretazione di Helene Alving, ricordata dalla giuria, Ilaria Occhini riceve il Premio Duse 2005.

Intervista a Massimo Castri di Simonetta Trovato

"Ibsen nega che esista un futuro - spiega Castri - Spettri riassume la sua idea dell'eterna ripetizione del passato. Oswald (sulla scena Pierluigi Corallo) è il clone del padre, ha ricevuto in eredità la malattia (impossibile, certo, la sifilide non si trasmette, ma al tempo di Ibsen lo si credeva) e, con essa, l'infelicità. Assitiamo al remake di un vecchio film di cui conosciamo già il finale". Che resta poi tutto da scrivere: Ibsen lo ha lasciato aperto sta al regista (e Castri non ha alcuna voglia di svelarlo) costruire un epilogo. "In altri testi di Ibsen, in maniera più sottile, il passato ri-galleggia fuori - continua il regista - e rende incapace di agire. La sifilide prende il posto del destino, traccia le vite. in Spettri sembra anticipata la teoria del "rimosso" di Freud, il ritorno ciclico di fatti rimossi in maniera perturbata, che distruggono il presente".  [... Helene Alving] "Non è un'eroina tragica, non cerca di resistere, la sua unica arma, spuntata, è il tentativo di capire. Helene è ingabbiata in un purgatorio infinito in cui tutto si ripete. Spettri va preso con le pinze, almeno sulle prime, è stato scritto da Ibsen in maniera beffarda, sarcastica, per ribattere alle polemiche suscitate da Casa di bambola. La protagonista, Nora, fugge una situazione borghese che la vuole bambola senz'anima per cercare la sua individualità, ecco, se Nora fosse rimasta in quella casa, sarebbe diventata come Helene. Ma Spettri non è un libello, se lo si legge in maniera superficiale sembra sltanto il rovesciamento di Casa di bambola, fortunatamente il testo è diventato qualcosa di diverso, di più profondo".

Simonetta Trovato, Castri a confronto con l'Ibsen di "Spettri", in "Giornale di Sicilia", 16 novembre 2004

Dalla rassegna stampa

Dal principio alla fine fuori piove. dentro è buio, non ci sono che le candele e quei legni opprimenti. Dalle finestre non viene luce, vengono solo rumore di pioggia e tuoni. Che cosa può desiderare un pittore alla deriva, dal sud tornato alle regioni iperboree, più che la luce, il sole? Questo ci dicono Ibsen e Castri: di tutti gli spettri che danno fondamento alla vita borghese, cui ogni gioia è negata, Lo spettro più tirannico è l’illusione della gioia e del sole. Se la vita è quella che è, come l'abbiamo fatta, la vera minaccia è la richiesta di una vita migliore, di più vita. Non c'è speranza peggiore della speranza. Credo che Castri conduca con Ibsen e con Spettri una lotta senza quartiere. Ma ancora più feroce è l'odio, anche eccedente nelle allusioni di amore morboso tra madre e figlio, che egli nutre per i personaggi del dramma. Per essi vi è un solo punto di riscatto, in quel minuto finale di follia, in cui Osvald procede carponi, sciabolando le tenebre, con la lama della sua spada e il suo scarlatto kepì

Franco Cordelli, Castri,«Spettri» come illusioni, in “Corriere della Sera”, 26 febbraio 2005 

Pierluigi Corallo e Ilaria Occhini

ph_Tommaso Le Pera ATB

Luciano Virgilio e Ilaria Occhini 

ph_Luigi Angelucci ATB

Nell'interno buio creato da Claudia Calvaresi, tra soffocanti pareti lignee e finestre squassate da pioggia e vento, un regista ibseniano navigato come Massimo Castri sembra nuotare nel suo mare, puntando sull'intensità dolorosa di una Ilaria Occhini pervicacemente all'opposizione, una sofferta signora Alving decisa a seppellire i suoi fantasmi, nella perfezione di una prima parte in cui tutti si sentono in buona fede nell'inventarsi una propria realtà positiva, da quell'eroe del compromesso che è l'efficace Pastore Manders di Luciano Virgilio, all'arrangiarsi sopra le righe del falegname intrigante di Alarico Salaroli, alla duplicità spudorata della Regine d'Irene Petris serva e illegittima figliastra, spettro vivente inconsapevole del passato. È nell'atto del suo svelamento, quando la figura condannata dal figlio Osvald si fa tanto incombente da costringere tutti a delle scelte, che registra un paio di felici trovate d’illuminazione per visualizzare le presenze spettrali, ma forzando la caduta repentina delle maschere manda allo sbaraglio con troppi gesti d'effetto il giovane Pierluigi Corallo; e infine ne fa un regredito balbettante a quattro zampe con spada di latta e rosso elmetto da soldatino, incapace di ottenere dalla madre, frustrata e a sua volta perdente, il sole promesso della morte. 

Franco Quadri, La dolente signora Alving lotta con i suoi Spettri, in “La Repubblica”, 15 febbraio 2005 

Luciano Virgilio e Ilaria Occhini nella scena di Claudia Calvaresi ph_Luigi Angelucci ATB

Irene Petris e Pierluigi Corallo ph_Tommaso Le Pera

C'è un momento davvero spettrale di sovrapposizione temporale quando Osvald, invisibile nella vicina sala da pranzo, corteggia la serva Regine esattamente come il suo rispettabile e viziosissimo padre aveva fatto anni prima con la madre di lei, e la circostanza è sottolineata da una sorta di lampo, che è insieme uno scarto interiore e un sottile soprassalto metafisico. E c'è un bizzarro richiamo metaforico alle trappole del fato anche quando, dopo l'incendio dell'asilo dedicato all’ambiguo capofamiglia, in casa prende ugualmente fuoco il modellino dell'edificio. 

Renato Palazzi, Spettri, cupa regressione infantile, in “Il Sole 24 Ore”, 28 novembre 2004 

Gli Spettri di Massimo Castri sono ambientati in un castello vagamente neogotico, uno spazio cimiteriale in cui la volgare Regine dell'inedita Irene Petris mostra l’odiato patrigno Engstrand, tramutato da Alarico Salaroli in una miserabile degradazione di Charlot, la bianchissima coscia adorna di una giarrettiera vermiglia. Il regista eleva Spettri a radiografia di bassezze da dagherrotipo. Tutto è bucato da una luce di sapore metafisico in questa straordinaria messa in scena dato che non solo Regine appare fin dall'inizio pronta a prostituirsi ma persino l'ingenuo Pastore Manders, vittima del pregiudizio filisteo, nella raffigurazione esagitata e marionettistica di Luciano Virgilio, si muta in uno scaltrito malfattore coi capelli volutamente spruzzati di bianco attorno al volto disfatto. Squassato da trasalimenti di furore iconoclasta che non stonerebbero nel cinema di Almodovar, Manders-Virgilio in un duo dissonante e volutamente sopra le righe col collega Salaroli, diventa la spalla di un clown in uno spettacolo a cui manca, per essere perfetto, solo la bianca arena sabbiosa del circo. 

Enrico Groppali, Quella madre infernale con un’Occhini sublime, in “Il giornale”, 14 dicembre 2004

Luciano Virgilio e Alarico Salaroli 

ph_Tommaso Le Pera

BOZZETTI DEI COSTUMI di Claudia Calvaresi

BOZZETTI DELLE SCENE di Claudia Calvaresi

Approfondimenti

BIBLIOGRAFIA

Roberto Alonge, Spettri, due immagini e qualche considerazione a volo d’uccello in Il Castello di Elsinore n.55 2007 pp.71-75


Tesi di dottorato di ricerca in Discipline del cinema e del teatro: Thea Dellavalle “Avanzare a ritroso. Spettri di Ibsen nella messinscena di Massimo Castri: dai taccuini alla scena”, rel. Prof. Roberto Alonge, Università degli Studi di Torino, Dipartimento di discipline artistiche musicali e dello spettacolo (XXII ciclo a.a. 2006-2007/ 2008-2009); La tesi riporta la trascrizione e l'analisi dei taccuini di regia di Castri in preparazione allo spettacolo

Foto di copertina: Ilaria Occhini ph_Tommaso Le Pera