Castri nutre un grande amore per la musica, coltivato dall'infanzia, quando suona nella banda di Cortona, la città dove è nato, e studia pianoforte. Conosce a fondo la tradizione operistica italiana. Tra gli anni Sessanta e Settanta, i suoi interessi spaziano dalla scena più sperimentale al recupero delle canzoni popolari, per la vicinanza con la ricerca etnomusicale per il tramite di Caterina Bueno e della sua reinvenzione dell'esperienza Gruppo Cantacronache.
Questo si traduce in un'attenzione spiccata per l'elemento musicale applicato al ritmo della scena e dello spettacolo in generale, così come alle specifiche scelte musicali, declinate in senso drammaturgico, relative alla colonna sonora come segno integrato nella costruzione del senso dello spettacolo.
Nonostante questa propensione, l'unica regia lirica di Castri è Le siège de Corynthe di Rossini (2000), sebbene sia rimasta traccia di una serie di proposte ricevute in questo senso alla fine degli anni Novanta e di progetti, che lo impegnano in fase preliminare, ma che non si concretizzano, alcuni dei quali annunciati da Castri stesso durante le interviste.
Nel suo percorso artistico, Castri lavora sulla componente sonora della regia affiancato da compositori e sound designer. Le collaborazioni in qualche modo corrispondono a momenti diversi della sua poetica, sono tappe di un percorso creativo in evoluzione e sono tutte significative: Sergio Liberovici, Giancarlo Facchinetti, Bruno De Franceschi, Arturo Annecchino e Franco Visioli, quest’ultima la collaborazione più continuativa e sperimentale in termini di progetto sonoro.
Riportiamo solo alcuni esempi di questo aspetto del lavoro di Castri che merita un approfondimento in sede più adeguata, per offrire alcune chiavi di lettura.
I temi pianistici di Facchinetti accompagnano la stagione dell'indagine sulla famiglia, con sottili variazioni di un repertorio pianistico di "pezzi facili" legati all'infanzia e con la ripetizione di alcuni motivi nelle loro variazioni di maggiore e minore sino all'ossessione. L'uso di canzoni d'epoca, come Tornerai o Mamma son tanto felice, sono un modo per evocare l'immaginario legato alla società borghese dei primi testi pirandelliani, a un primo Novecento come tempo dei "padri", al contesto di un'Italia fascista, il passato più recente e radicato, in cui anche la canzonetta leggera è permeata di perbenismo e "ideologie" dell'ipocrisia. Il loro uso per contrasto evidenzia l'emersione dei sottotesti e la modernità della resa scenica.
Il riferimento al melodramma, Verdi su tutti, e all'opera buffa, Rossini, è presente in numerosissimi spettacoli, a volte a livello di citazione a volte d'appoggio per la linea principale della lettura registica. L'imprevisto finale dell'Ifigenia in Tauride risolto con un concertato rossiniano è il modo di Castri per dire che l'innovazione di Euripide nei confronti della tragedia arriva a rompere la forma tradizionale avvicinandosi alla peripezia romanzesca, con finali risolti dal deus ex-machina, lieto fine “posticci", ma che aprono a finali di incertezza, a possibili speranze.
Anche nelle Smanie per la Villeggiatura l'elemento musicale è una costante, realizzata tramite l'invenzione di partiture, su libretto dello stesso Castri, che evoca l'allegria giocosa del Settecento e traduce l'entusiasmo dell'aspettativa della vacanza come la fatuità e la volubilità che caratterizza i personaggi. Nella ricerca filologica dei brani da inserire, c'è una preferenza "classica", prevalgono i brani noti più del gusto per l'eccezione nel repertorio, che abbiano rispondenza storica nel tempo del mondo rappresentato a costruire coerenza, nell'immaginario dello spettatore, usando questo immaginario in attrito con le proposte registiche - pensiamo a come Fur Elise scandisce i quadri de La Ragione degli altri, o al liberatorio Vivaldi che invade il teatro durante il lancio di palle di neve del Madame de Sade, cancellando ogni ombra, e raccontando un giocoso trionfo del femminile sul nero marchese.
Quando la sua poetica si assesta su un maggiore realismo, l'attenzione si sposta su una creazione del mondo sonoro della scena integrato all'accadere che lavora con estrema precisione sulla scelta dei materiali sonori da inserire, sulla coerenza delle provenienze. Si determina una precisa spazializzazione, una sottile interazione tra l'evoluzione e la dinamica del suono naturalistico in accordo o in contrappunto rispetto all'individuazione di un ambiente, ma anche in relazione all'andamento emotivo delle scene, agli accadimenti sottili che riguardano il mondo interiore dei personaggi. Temporali, cinguettii, cicale, abbaiare di cani, sono costruiti come vere e proprie partiture. A volte il lavoro è estremamente stratificato, teso a ricavare, mescolando elementi diversi tramite la sintesi della suggestione sonora, l'evocazione di un ambiente, di un'epoca, a immergere lo spettatore nel mondo dello spettacolo, in un'atmosfera e uno stato preciso. Ad apertura di sipario al terzo atto del Quando si è qualcuno, le marce funebri dell'Armata Rossa, sapientemente mescolate all'elaborazione sonora dei discorsi di Mussolini, scandiscono l'azione dell’inizio: una lunga processione di invitati che, dalla platea, varca un gigantesco e incombente cancello nero, sotto una candida nevicata. Un’immagine che prepara la funerea conclusione della vicenda dello scrittore, tramutato magicamente in bianca statua, monumento senza vita di sé stesso.
Approfondimenti
Per Smanie, la prima tappa della Trilogia della Villeggiatura, Castri prepara una sorta di 'libretto' d'opera, poi messo in musica da Arturo Annecchino. Le sonorità sono ispirate al mondo settecentesco di Goldoni, con richiami all'opera buffa e agli intermezzi. Le parole delle canzoni citano i conflitti descritti nel testo.
La traccia 1 è un duetto tra Vittoria e il servo Cecco, il quale le dice di aver visto l'abito nuovo - chiamato mariage - della signora Giacinta, rivale di Vittoria; Vittoria si dispera e chiama Berto, perché vada dal sarto a sollecitare che prontamente finisca anche il suo di mariage. Il tema dell'abito nuovo torna nella traccia 2. Vittoria è contenta di avere finalmente il vestito, ma il fratello Leonardo ha cambiato idea: non si andrà più a villeggiare. Il servo Paolino si unisce in trio cercando di placare il loro litigio. Vittoria si dispera al pensiero di dover rinunciare alla campagna. Infine, la traccia 3 è un duetto tra Vittoria e Ferdinando, lo scroccone del gruppo. Ferdinando asserisce che Giacinta andrà senz'altro in campagna con il suo nuovo, splendido mariage. «Viva il villeggiar!» canta Ferdinando alla sempre più invidiosa Vittoria.
Libretto di Massimo Castri, courtesy Arturo Annecchino autore delle musiche
Libretto di Massimo Castri, courtesy Arturo Annecchino autore delle musiche
Libretto di Massimo Castri, courtesy Arturo Annecchino autore delle musiche