Ecuba 

AINDA

2005-2006

ECUBA di Euripide

Traduzione di Umberto Albini e Vico Faggi


Regia  Massimo Castri

Coreografia Daniela Schiavone

Scene e costumi Maurizio Balò

Luci Gigi Saccomandi

Musiche Arturo Annecchino

Suono Franco Visioli


Interpreti: Elisabetta Pozzi (Ecuba), Sergio Romano (Polimestore), Paolo Calabresi (Agamennone), llaria Genatiempo (Polissena), Sergio Leone (Ulisse), Miro Landoni (Taltibio), Silvia Frasson Carlotta Viscovo (Corifee), Tamara Balducci , Noemi Condorelli, Valentina Ferrante, Silvia Giuliano, Giada Lo Russo, Diana Manea, Gabriella Mazzone, Alessandra Perrone, Giorgia Porchetti, (coro Troiane) Simone Sapienza, Angelo La Mesa, (figli di Polimestore), Salvo Bottaro, Luigi Drago, Giuseppe Gionfriddo, Gianluca Latina, Danilo Principato, Raffaele Strano (militari)

Violinista Alexandra Dimitrova 

Voce bianca Costanza Cutaia 


Produzione: Istituto Nazionale del Dramma Antico

Debutto: Siracusa, Teatro Greco, 12 maggio 2006. 

Ecuba, i detriti del dopoguerra

conversazione con Massimo Castri dal programma di sala a cura di Giuseppina Norcia 

Nell' Ecuba che ha messo in scena al Teatro Argentina c'era una pioggia costante in scena e un richiamo all'immagine di una Berlino distrutta alla fine della guerra. Qui a Siracusa la scena è una terra desolata fatta di sabbia, più simile a un deserto che a una spiaggia, con al centro un albero ridotto a scheletro. Nei costumi si legge invece un richiamo al secolo scorso, all'epopea della grande guerra. C'è, in quest' Ecuba, un riferimento a storie, a memorie più vicine a noi rispetto alla guerra di Troia?

No, specialmente in questa edizione no. Non c'è bisogno di dire "adesso Ecuba la faccio come se fossi in Bosnia", o in Iraq, o in qualche altro posto storicamente determinato.

Rispetto a quello del ‘94, lo spettacolo di oggi è molto più secco, molto più crudo. Ecuba è un testo straordinario poiché è già tutto accaduto. Quello che accade dopo è ciò che accade nel dopoguerra: solo morti inutili che vengono dimenticate. Il dopoguerra è un momento in cui non c'è più neanche il dolore, un tempo fermo in cui sembra che niente possa più accadere. Forse qualche altra violenza inutile, e basta.


Può sorprendere che Ecuba, la vecchia regina di Troia, sia interpretata da un'attrice giovane e florida come la Pozzi.

Durante lo spettacolo non lo vedi che è giovane, non te ne rendi conto: ci vuole un'attrice forte - anche fisicamente - per questo ruolo. Non può farlo una vera vecchia, non reggerebbe neanche mezz'ora di questo spettacolo, almeno non nel teatro di Siracusa, se lo spazio viene usato al cento per cento.


E Polimestore, questo personaggio condannato da tutti, può suscitare anche un sentimento di pietà? 

Sì. Io l'ho costruito in modo tale che possa suscitare anche questo sentimento. Polimestore è un personaggio che sembra scritto da un russo, è uno sfruttatore della guerra, uno che ha fatto i soldi con la guerra, un collaborazionista. Poi è condannato da tutti. Polimestore appare nel finale del testo come una meteora assurda. La ferocia passa attraverso Ecuba: è la stessa ferocia che questa vecchia ha subito, a un certo punto schizza fuori come una esplosione di gas. Ha raccattato cinquanta figli morti, ormai è diventata come una cagna. Alla fine rimangono soltanto loro due, accomunati, abbandonati in una piega del tempo dall'esercito che va avanti. Ormai non servono più, sono due detriti del dopoguerra.


In questa edizione ha tagliato del tutto i versi iniziali recitati dal fantasma di Polidoro.

Non è così importante. Racconta l'antefatto e inquadra il testo in maniera un po' sbilenca, in modo un po' favolistico e fantasmatico. Mentre il testo è esattamente il contrario. Nel ‘94 era soltanto la voce fuori campo di un'attrice. Era come la voce di un bambino rimasto solo dopo i bombardamenti.


Ma il tema del canto infantile è presente anche adesso.

Musicalmente è quasi l'unica cosa che c'è: la voce di un bambino che canta nel deserto.


È un canto di speranza o di disperazione?

Lui non lo sa. Non lo sappiamo neanche noi. È più un rimprovero, come sanno fare i bambini quando non ti parlano più. 

Elisabetta Pozzi 

ph_Carmine Aviello/AFI Siracusa AINDA

La scena e i costumi di Maurizio Balò dal programma di sala 

Bozzetti dei costumi

Bozzetti dei costumi

Bozzetto della scena

Quando, alcuni anni fa, venni da turista a Siracusa e visitai il Teatro Greco, quello che mi colpì come scenografo fu il rapporto che si stabiliva fra il fronte del boschetto e l'architettura della cavea. Questo mi fece pensare che per realizzare i nostri tempi una scenografia per questo teatro, l’ideale sarebbe stato poter avanzare il boschetto fin dentro l'orchestra e farlo diventare esso stesso una scenografia naturale. 

Qualcosa di quella intuizione penso sia rimasta nell'impianto scenico di Ecuba. Prima di tutto l'idiosincrasia a considerare il Teatro Greco come un semplice contenitore di scenografie e perciò la volontà di intervenire con un impianto che si collochi armoniosamente all'interno del teatro (come lo era per l’antica "scena frons" progettato insieme all’architettura teatrale). Un impianto scenico che in qualche modo dia l'idea di esserci sempre stato.

La didascalia di Ecuba parla di un luogo vicino al mare ed ecco quindi una spiaggia, realizzata con lo stesso materiale (un materiale locale, la "sabbia lavata") che il pubblico calpesta ancora prima di entrare nella cavea. Non avendo potuto avanzare realisticamente Il boschetto, si collega idealmente ad esso un albero ridotto però ad uno scheletro perché su quella spiaggia è passata la guerra. 

I costumi, per avvicinare di più i sentimenti dei personaggi a noi oggi, si collocano agli inizi del secolo scorso (secolo in cui anche noi siamo nati), nell'epopea della grande guerra e del sovvertimento delle monarchie. Ecuba e le donne sono delle aristocratiche e profughe; Agamennone, Ulisse, Taltibio dei soldati in uniforme e Polimestore il regnante di uno di quei piccoli stati che, pur affacciandosi sul Mediterraneo, guardano ad oriente più che ad occidente. Maurizio Balò

Sergio Romano, Elisabetta Pozzi 

ph_Carmine Aviello/AFI Siracusa AINDA

Le musiche di Arturo Annecchino dal programma di sala

Le musiche di scena per Ecuba sono caratterizzate dalla presenza della voce bianca (registrata) di Costanza Cutaia, che torna più volte.

L'azione è accompagnata, nella prima parte, dal coro e da un violino suonato dal vivo da Alexandra Dimitrova; nella seconda parte la tessitura musicale si compone di litanie e canti, danze e canti infantili.

Nel comporre le musiche per Ecuba ho cercato di tradurre in musica i preziosi suggerimenti di Castri a proposito della sua lettura del testo: ne emerge una dimensione di musiche sussurrate, che cercano per lo più di stare nella scena quasi come personaggi e non come colonna sonora.

Dalla rassegna stampa

Memore di una sua messinscena al chiuso di dodici anni fa, Massimo Castri, che per quel genio greco ha una passione, ricrea al Teatro Greco di Siracusa la sua Ecuba, tradotta da Umberto Albini e Vico Faggi, ambientandola in un lungo piano di dune sabbiose su cui si leva un nudo tronco d' albero beckettiano, nella scena suggestiva di Maurizio Balò. Lì la bravissima Elisabetta Pozzi, parrucca bianca sul cappottone militare stile Grande Guerra, fa della vetusta ex regina una svampita vegliarda un po' maniacale che non smette di trascinare in primo piano cadaveri di figli borbottando, sullo sfondo della voce bianca che accompagna le note per violino di Arturo Annecchino. La guarda un coro di deportate troiane in nero e verde, fogge che riportano ai tempi dei drammi veristi, coi loro valigioni aperti da cui traggono inutili ninnoli, in attesa che si levi il vento per condurle ai luoghi di schiavitù.

Franco Quadri, Elisabetta Pozzi è Ecuba regina degli sconfitti, in "La Repubblica", 24 maggio 2006

APPROFONDIMENTI

BIBLIOGRAFIA

Umberto Albini, Il regista Castri reinventa Euripide, in “Il Castello di Elsino­re”, 58, 2008, pp. 93-95.

Foto di copertina: Elisabetta Pozzi ph_Carmine Aviello/AFI Siracusa