Il padre

2005-2006

IL PADRE di August Strindberg

Traduzione di Luciano Codignola


Regia Massimo Castri

Scene e costumi Maurizio Balò

Luci Gigi Saccomandi

Suono Franco Visioli 


Interpreti: Umberto Orsini (il Capitano di Cavalleria), Manuela Mandracchia (Laura), Corinne Castelli (Berta), Roberto Valerio (il Dottor Östermark), Alarico Salaroli (il pastore), Gianna Giachetti (la balia), Roberto Salemi (Nöjd)


Produzione: ERT Emilia Romagna Teatro / Nuova Scena-Arena del Sole

Debutto Cesena, Teatro Bonci, 19 ottobre 2005 


Note:

Gianna Giachetti riceve il premio Ubu 2006 come attrice non protagonista.

Dal programma di sala 

Castri: Szondi è troppo generoso con Strindberg. Vede in lui l'inizio della drammaturgia dell'io, che apre il Novecento, ma il punto è che questa drammaturgia, progettata solo in funzione del personaggio principale (dietro cui, ovviamente, bussa la carica autobiografica dello scrittore), spappola la forma drammatica che invece è ancora così compatta in Ibsen. Ci sono dei salti nella scrittura di Strindberg, non voglio dire delle zeppe, ma è come se i personaggi cambiassero ogni tanto il registro linguistico, con qualche rischio persino di banalità. Sì, indubbiamente, resta un documento importante della nevrosi maschile di fine secolo, anticipa certe tematiche freudiane, ma non è un testo poetico.È la fine secolo, la fine dell'Ottocento. L'Imperialismo, il Militarismo, il Superuomo, Nietzsche; e poi questo terrore del maschio di non essere nulla. Si passa da Nietzsche a una misoginia maschilista da caserma.

Alonge Partiamo dal lato esterno, dall’incardinamento scenografico dello spettacolo. Siamo sempre nel salotto borghese dei tuoi Ibsen e dei tuoi Pirandello?

Castri  Un impianto realistico, ma stilizzato. Un interno borghese: un camino, una tavola, due sedie, una finestra, una porta. Il minimo indispensabile. Tra un atto e l'altro la scena si sfrangia, si sfoglia, per così dire. All'inizio abbiamo il camino sulla parete di sinistra (per lo spettatore); la porta, tavolo e sedie, sulla parete di fondo; la finestra sulla parete di destra. Nel secondo atto il camino è scivolato sul fondo, la porta è passata sulla parete di destra, e la finestra è naturalmente scomparsa. La scena ha ruotato verso destra. Nel terzo atto il  movimento arriva all'estremo: Il camino è sulla parete di destra e tutto il resto è scomparso. La stanza si è svuotata. 

Foto del modellino scenografico di Maurizio Balò: atto I -atto II - atto III AERT

[...] È difficile accettare lo scioglimento finale previsto dal testo, lo scatenarsi della contrapposizione fra mondo maschile e mondo femminile. Questa lotta dei sessi cantata da Strindberg è troppo breve, troppo ideologica. L'accento fiabesco consente di accogliere la conclusione drammaturgica. Il capitano, il militare, si riduce a mimare uno scontro con l’universo femminile: ci saranno dei cannoncini, come dei soldatini. I regali ai piedi dell'albero sono i regali per il padre che gioca alla guerra, cannoncini, fucilini. Una guerra uomo-donna miniaturizzata, a livello di gioco infantile. Anche l'uomo d'armi si sfoglia a poco a poco, nel passare degli atti. Nel primo atto è nella pienezza formale della sua divisa. Nel secondo sarà già un po' sbrindellato, senza cura, con il cappotto in disordine, buttato alla meno peggio sulle spalle (o qualcosa del genere); nel terzo sarà in un qualche vestaglione casareccio, come un personaggio di Molière. Nel primo atto si potrà sentire qualche colpo di cannone, vero, autentico. Nel terzo atto siamo, appunto, ai cannoncini dei soldatini, ai fucilini. E le donne faranno solo finta di aver paura. Il Natale è il suo Natale, del Capitano  diventato bambino. In lui c'è una continua altalena, una dilacerazione: fra la pulsione a essere adulto, ad attaccarsi alla sua dimensione di adulto, a essere padre; e la tentazione a essere il figlio, e quindi a giocare, con i suoi regali di Natale, da eterno bambino. Il problema non sono le corna, la paura che la moglie l'abbia tradito, che Berta non sia sua figlia. Il problema è la paura che ha di essere, lui, un nulla, e che la donna è tutto, perché fa figli. Ci sono degli strappi, dei momenti in cui vuole essere adulto, ma fallisce. E quindi ricade in un linguaggio intimista, minimalista, che fa pensare paradossalmente a un certo Eduardo. Ha accettato la sconfitta. Le donne, per l'inverso, nel terzo atto, hanno cambiato vestito: sono bellissime. Sempre in una prospettiva onirica fiabesca.

Il primo Strindberg di Massimo Castri,  conversazione con Massimo Castri a cura di Roberto Alonge

Corinne Castelli, Manuela Mandracchia, Gianna Giachetti, Umberto Orsini ph_ Marcello Norberth AERT

BOZZETTI DEI COSTUMI di Maurizio Balò 

Approfondimenti

BIBLIOGRAFIA

Elena Randi, La madre ti era amica, ma la donna nemica, in “Il Castello di Elsinore”, n. 55, 2007, pp. 103-114.

Paolo Puppa, Il padre: la regia come autobiografia, in “Il Castello di Elsinore”, n. 55, 2007 pp. 77-101.

Foto copertina: Corinne Castelli, Manuela Mandracchia, Gianna Giachetti, Umberto Orsini ph_ Marcello Norberth AERT