Ifigenia

1999-2000

IFIGENIA di Euripide

Traduzione di Umberto Albini


Regia  Massimo Castri

Scene e costumi Claudia Calvaresi

Luci Alberto Roccheggiani

Suono Franco Visioli

Musiche Bruno De Franceschi

Coreografie Moreno Bernardi


Interpreti: Stefania Felicioli (Ifigenia), Mauro Malinverno (Oreste), Antonio Latella (Pilade), Massimiliano Speziani (Mandriano), Milutin Dapcevic (Toante).


Produzione: Teatro Metastasio Stabile della Toscana

Debutto: Prato, Teatro Fabbricone, 2 dicembre 1999 


Note:

Ripresa 2000-2001

Lo spettacolo diventa una coproduzione con il Teatro Stabile di Torino.

Debutto Torino, Teatro Astra, 6 Aprile 2001.

Michele di Mauro e Pietro Faiella sostituiscono rispettivamente Antonio Latella e Massimiliano Speziani.

Ifigenia inaugura il Teatro Astra, come nuovo spazio teatrale recuperato alla Città sotto la direzione Castri, in cui è in corso la ristrutturazione. Nel giro di pochi mesi vengono realizzati i lavori necessari a renderlo agibile per le prove e lo spettacolo. I lavori si concluderanno nel 2006, la seconda inaugurazione sarà con l’allestimento de Drammi di guerra di Edward Bond con la regia di Luca Ronconi all’interno del Progetto Domani.

Intervista a Massimo Castri

Ifigenia è un personaggio che forse non avevo capito, come capita con le persone che non riesci a capire bene ma continuano a intrigarti. Poi dipende dagli attori e dalle occasioni di lavoro. Certo, nel primo frammento di lavoro fatto, avevo configurato Ifigenia come una vecchia zitella, ispirata in qualche modo alle zitelle inglesi che stavano in India, in mezzo a servi indù. Allora avevo accentuato il taglio di commedia, quasi di vaudeville, pur continuando a capire che non coglievo la sostanza vera. Finché non l’ho riportata a questa dimensione quasi di ragazzina. Una ragazzina che attraversa la guerra, che incontra le difficoltà più dure della vita, che il padre tenta di uccidere, che riesce però anche a sanare queste ferite, a mantenere la voglia di vivere e di giocare. Mantiene intatti i sentimenti e alla fine accoglie Oreste, che invece ha compiuto fino in fondo il percorso attraverso la tragedia, e sostanzialmente attraverso tutta la psicoanalisi del mondo. Insieme poi scappano per andare non si sa dove, fratello e sorella, con un abbattimento dell'eros, la cui scomparsa è un altro elemento affascinante. Qui restano i sentimenti fraterni, sentimenti in qualche modo trasversali, forse quelli più infantili. D'altra parte su questo tema gioca Goethe, nella sua Ifigenia: anche lui punta su questa scomparsa dell'eros e quindi scomparsa della morte. In Goethe, lei riesce addirittura a far cessare i sacrifici umani: non per niente è un testo tutto neoclassico e sacrale. Questo invece è un testo modernissimo, straordinario, in cui i linguaggi si moltiplicano, dall'inizio alla fine. C’è la capacità di trasformare la tragedia in commedia, che è propria di un grande scrittore, di un uomo di confine. Anche noi siamo uomini di confine, ma forse abbiamo le idee meno chiare di lui.

Ifigenia, la tragedia di un regista caparbio. Intervista di Gianfranco Capitta a Massimo Castri nel fabbricone di Prato, 1 novembre 1999 dal Quaderno di Sala

Dalla Rassegna Stampa

"Oggi Castri ha aggiunto la metamorfosi dei due eroi-antieroi nei Blues Brothers, e quella di Ifigenia che esibendosi come sacerdotessa sembra Toshiro Mifune ebbro di energia, e quella di Toante che parla come se avesse un sintetizzatore in gola e che è vestito come Nosferatu nel film di Herzog: non solo nel burlesco e nel tragico, ma anche nello stupefacente e nello spaventoso il regista fissa la vera natura del testo. Non è dunque questione di un coacervo di echi; né l'equilibrio si limita a trovare il punto d'appoggio tra Il rapimento della fanciulla e quello (simmetrico) della statua. La nuova forma di Ifigenia corrisponde a una freccia del tempo. Da Euripide, essa arriva fino a noi con l'azzardo di un'ultima profezia: pronuncia divinazioni, evoca il mai udito, il mai visto, il non  ancora esperito".

Franco Cordelli, Ifigenia,  desolazione  prossima  ventura, in “Corriere della Sera”, 12 gennaio 2000

“Visivamente comunque lo spettacolo è superbo. I tre quarti dell’enorme hangar, per una grandezza diciamo di mezzo campo da football, sono occupati da una distesa di sabbia ondulata e pietrificata dalla quale emergono pochi giganteschi frammenti - un orecchio, un naso - di una statua di divinità (scene e costumi di Claudia Calvaresi). In questo post-cataclisma da Pianeta delle scimmie si aggira la petulante Ifigenia della dotata Stefania Felicioli, con vestarella e scarponi tipo Gelsomina, e dizione ahimè anche lei strascicata, alla ricerca dell'ironia. I sopraggiunti Oreste e Pilade (Mauro Malinverno e Antonio Latella), subito fatti prigionieri dai tauridi, sono vestiti come i Blues Brothers, e il tiranno Toante (Milutin dapcevic) è un personaggio dal film di Frankenstein, con un’efficace voce amplificata come da apparecchio per handicap. Magnifiche luci di Alberto Roccheggiani, finissimi effetti sonori di Franco Visioli, delicate musiche di Bruno De Franceschi; ma malgrado il colpo d'occhio iniziale, quasi all'altezza di quello indimenticabile dell’ Elettra rurale dello stesso Castri, lo spettacolo alla lunga si rincorre la coda e lascia il pubblico abbastanza freddino" 

Masolino D'Amico, Nell’Ifigenia sbarcano i Blues Brothers, in “La Stampa”, 20 dicembre 1999

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