Anni 90

Verso il realismo - Progetto Euripide - La scoperta di Goldoni - Direttore a Prato:  disegni per un teatro pubblico - La Trilogia della Villeggiatura - La sperimentazione spaziale al Fabbricone - La nomina a Torino

Gli anni Novanta sono anni di riconoscimenti e di impegni importanti. Il decennio si apre con l'allestimento de Le Serve di Genet (Lucilla Morlacchi, Paola Mannoni e Anita Bartolucci). La sperimentazione portata avanti con il Progetto Euripide da un lato getta le basi per l'approfondimento dell'autore, che diventerà d'ora in poi il più amato e frequentato da Castri, dall'altro alla nascita di progetti dedicati ai giovani: un altro Schnitzler Amoretto (ERT)e i due Marivaux: La Disputa e Il gioco dell'amore e del caso, ultimo allestimento per il CTB. Nel 1991 Massimo Castri riceve il premio della Critica teatrale.

Subito successiva è per Castri la "scoperta" di Goldoni. Nel 1992 mette in scena, I Rusteghi (premio Ubu alla regia 1991-1992), per VENETOTeatro in preparazione dei festeggiamenti e degli eventi del Bicentenario goldoniano. L'incontro con l'autore, nato da un'occasione, inaugura un nuovo filone di spettacoli in direzione di un approfondimento del realismo come scavo in profondità nel lavoro d'attore sul personaggio e contemporaneamente affresco e specchio di una società in crisi che porterà ai tre capitoli capolavoro della Trilogia della Villeggiatura.

Nel 1993 inizia la collaborazione di Castri con il Teatro Stabile dell'Umbria diretto da Franco Ruggieri. Forte dell'esperienza del Progetto Euripide, Castri decide di approfondire i percorsi iniziati durante la fase di didattica scegliendo due capitoli della trilogia dei figli degli eroi: una memorabile Elettra (premio Ubu alla regia e alla scenografia con Galatea Ranzi e Fabrizio Gifuni) e Ifigenia in Tauride (con Anna Maria Guarnieri, Giulio Scarpati e un giovane Antonio Latella).

Euripide e Goldoni, per Castri sono simili: seppure figli di contesti così lontani sono, ciascuno a suo modo, drammaturghi della crisi che hanno innovato profondamente i codici delle rispettive culture teatrali, cercando la risposta a questa crisi in una ricerca e in una sperimentazione che ha messo al centro l'uomo, i suoi limiti e le sue imperfezioni. La ricerca poetica di Castri alterna il confronto con questi due maestri di realismo. Per il Teatro di Roma dirige all'Argentina un'Ecuba (protagonista Anna Proclemer) che condanna la guerra, da cui tutti escono di fatto sconfitti, con uno spettacolo che ancora cerca di forzare i limiti espressivi dello spazio del teatro all'italiana: in scena una strada e pochi lampioni tra cumuli di rovine.

Sempre nel '94 Castri riceve la proposta di assumere la direzione del Teatro Metastasio di Prato e coglie l'occasione di affiancare al percorso artistico a alla progettazione su lungo periodo quell'azione di politica culturale che è per lui tradurre in pratica la sua idea di teatro pubblico. 

«Massimo Castri assume per la prima volta una responsabilità di guida di un teatro pubblico, come direttore artistico del Metastasio di Prato. L'accettazione arriva dopo sfibranti trattative e studi di fattibilità e verrà inaugurata dalla coproduzione con lo Stabile dell'Umbria di Smanie per la villeggiatura di Goldoni. Il teatro pratese è comunque ancora una fondazione che "propone al teatro pubblico nazionale una formula ricca di nuove indicazioni progettuali» 

Da: Il Patalogo diciotto. annuario 1995 dello spettacolo. Teatro, Ubulibri, Milano 1995,p. 92.  

Nel 1995 nasce la Fondazione Teatro Metastasio di Prato che si avvia a diventare polo toscano per la produzione del teatro di prosa. Castri chiama Renato Borsoni a collaborare con lui all'impresa, ottenendo una direzione congiunta.  Il progetto della Trilogia della villeggiatura, con i tre spettacoli trattati come tre capitoli di un unico "romanzo" goldoniano sulla uomo e la società e con il coinvolgimento di una compagnia di attori impegnata con continuità su tre stagioni, diventa un progetto- manifesto di come questa nuova forma di teatro pubblico debba (e possa) funzionare, dal punto di vista artistico e operativo. Alle Smanie seguono a distanza di un anno esatto le Avventure e, nell'autunno successivo, il Ritorno.

Nel 1997 Castri riceve il Premio Flaiano alla carriera. All'inizio della stagione 1997-1998 la Trilogia della villeggiatura viene presentata al Teatro la Pergola di Firenze: i tre spettacoli sono riallestiti e presentati in successione in una tenitura complessiva di tre settimane. E' un momento emblematico in cui il progetto artistico di Castri si lega, anche simbolicamente, alla sua azione di costruttore di un modello di teatro pubblico.

La collaborazione con l'Umbria continua con l'allestimento de La ragione degli altri (1997), una riedizione dello spettacolo del 1983, un "Re-Make" nel "lessico famigliare" castriano, un modo, a distanza di anni, di continuare a far vivere un "repertorio". Lo spettacolo è premiato con l'Ubu alla regia con Il ritorno dalla villeggiatura.

Castri riceve la proposta di passare alla direzione dello Stabile di Torino, ma il ritardo nella formalizzazione del passaggio del Teatro Metastasio a teatro stabile porta il regista a rifiutare e a fermarsi a Prato per poter vedere concluso il percorso di crescita e "costruzione" che ha avviato con Borsoni. Nel 1998 il Metastasio diventa finalmente ottiene il riconoscimento di "Teatro Stabile della Toscana".

La direzione del teatro consente a Castri di continuare con meno vincoli la sua ricerca di poetica e di coinvolgere con continuità gli attori di quella che, dopo la Trilogia cerca di essere di fatto, anche se non formalmente, una compagnia stabile. Il primo spettacolo prodotto interamente dal Metastasio è Oreste, ancora un Euripide (1995, protagonista Mauro Malinverno). A Prato Castri ha finalmente a disposizione un teatro come il Fabbricone, ricavato da un capannone industriale. Questo spazio teatrale "europeo", gli consente finalmente di lavorare su soluzioni sceniche di maggiore libertà, al di fuori dei vincoli della sala all'italiana. È in questo spazio che negli anni, trovando soluzioni spaziali diverse e originali a seconda del progetto e sfruttando appieno le possibilità tecniche dello spazio, coraggiosamente, Castri porta avanti la sua ricerca artistica collegandosi ad un'idea di stanzialità: Oreste, Fede, speranza, carità di Horvàth, (1999) e il "Re-Make" di Ifigenia (1999 protagonista Stefania Felicioli) non sono spettacoli che possono andare in tournée perchè non ci sono spazi che possano accoglierli.

Nel settembre 1998 Castri riceve a Taranto il Premio dell'Associazione Nazionale Critici del Teatro "per le sue innovative messinscene e in particolare per il lavoro su Goldoni". 

Dal punto di vista della formazione c'è il progetto di dotare il Metastasio di una scuola per attori che possa essere in collegamento con le produzioni, un progetto biennale intitolato "Recitar con metodo" ma che non arriverà a realizzarsi pienamente.

Da Torino c'è una nuova chiamata e questa volta Castri accetta. 

Nel 1999 viene chiamato da Franco Quadri a condurre a Bruxelles una delle sessioni di lavoro del progetto di formazione internazionale École des Maîtres. 

APPROFONDIMENTI

«Si intende per casa un luogo teatrale finalizzato non soltanto alla produzione di spettacoli - cosa che i nostri stabili fanno già più o meno egregiamente - ma all'elaborazione di progetti che si protraggano nel tempo e soprattutto al permettere quelle condizioni di lavoro indispensabili alla realizzazione di tali progetti. Non basta cioè disporre, oltre che di uno staff tecnico permanente, di una compagnia di attori più o meno stabile che cresca insieme sino a divertire un autentico complesso (come in tutti i teatri europei che hanno fatto storia in questo secolo) e sviluppi, ovviamente sotto la guida di uno o più registi, un proprio modo di fare teatro. E alla casa dovrebbe affiancarsi una scuola che, oltre che insegnare agli allievi le tecniche dell'espressione vocale e corporea, li prepari ad affrontare quelli che per Castri sono i fondamenti dell'arte e del mestiere del recitare, dalla lettura e dalla critica del testo all'elaborazione del sottotesto, dalla costruzione di immagini alla capacità di dare corpo e consistenza al personaggio. Ma affiancarsi è forse un termine inesatto: la scuola dovrebbe diventare parte integrante del teatro, fornendogli non soltanto i futuri quadri attuali da inserire man mano negli spettacoli cosiddetti professionali in modo da favorirne una reale maturazione (molto più agevole, ritiene Castri, quando non è possibile continuare a lavorare in uno stesso contesto e con gli stessi metodi), ma anche i futuri registi da responsabilizzare gradualmente in una situazione che ne faciliti lo sviluppo, mettendo alla prova il loro talento. Personalmente Castri, pur non avendo mai avuto una "casa" a disposizione, ha cercato empiricamente di ottenere questi risultati, trascinandosi appresso da uno spettacolo all'altro e da una realtà produttiva all'altra, parecchi dei giovani attori che ha avuto come allievi nelle esperienze didattiche citate in precedenza, con l'intento ambizioso di costruire con loro un gruppo, ma senza poter svolgere quell'azione di approfondimento che avrebbe richiesto una reale continuità di lavoro, possibilmente nella stessa sede».

Ettore Capriolo, La casa del teatro. Massimo Castri secondo Ettore Capriolo, in "Il Patalogo 17. Annuario '94 dello Spettacolo. Teatro", Ubulibri, Milano 1994, p.129

Questo video, in cui Castri ripercorre le tappe che hanno portato alla nascita dello stabile pratese, è stato realizzato il 20 dicembre 2008 al Ridotto del Metastasio, durante la presentazione del libro La fabbrica del teatro, edito in occasione dei dieci anni dello Stabile della Toscana.